Sembra ieri quando, alla tenera età  di 19 anni, guardavo Brand New su MTV sdraiata sul divano, nel salotto dei miei genitori. Ricordo bene quando vidi per la prima volta il video di “Such Great Heights” e di come rimasi impressionata da quella canzone, da quel suo ritmo incalzante, dai mille suoni elettronici così sinergici, armoniosi e pieni di velocità .
Senza esitazioni, mi procurai “Give Up” e iniziai a triturarlo con la consueta famelicità  che nutro nei confronti della buona musica. Era il loro album di debutto (e purtroppo l’unico, a oggi). Era il febbraio 2003.

Il gruppo, formato da Ben Gibbard (Death Cab for Cutie), Jimmy Tamborello (in arte Dntel) e Jenny Lewis (dei Rilo Kiley) nacque dopo che Ben Gibbard prestò la sua voce per la canzone “(This Is) The Dream of Evan and Chan” dell’album “Life Is Full of Possibilities” di Dntel.

Da quel momento in poi i due decisero di continuare a collaborare, visto anche il notevole successo della suddetta canzone, testimoniato da vari remix di gruppi di un certo calibro (The Flaming Lips).

Il modo con cui lo fecero è, se si vuole, singolare: via posta. Vista la distanza geografica che separava Gibbard e Tamborello, i due si mandarono i loro pezzi nascenti avanti e indietro, aggiungendo tracce musicali (Tamborello) e vocali (Gibbard). Questo ping-pong indie-elettronico, a mezzo United States Postal Service, gli valse ovviamente il nome di “The Postal Service”.

Jenny Lewis invece, vicina di casa di Tamborello, registrò tracce vocali temporanee fino a divenire un membro a tutti gli effetti della band.
Quello che ne uscì fu un album, “Give Up”, che senza far troppo rumore, rappresenta sicuramente uno dei più riusciti del decennio scorso (nonchè uno dei più venduti dalla Sub Pop, secondo solo a “Bleach” dei Nirvana).
“Give Up” è capace di miscelare, come pochi, sonorità  a volte quasi da gameboy ma mai banali (“Nothing Better”) e insieme malinconiche, armonie di violini (“The District Sleeps Alone Tonight”), batterie minimaliste (“There’s Never Enough Time”), velocità  (“Such Great Heights”), ironia (“We Will Become Silhouettes”), il tutto rendendo il connubio tra musica indie-rock, testi impegnati (si parla di amore, di sogno, di libertà , di abbandono), dettagli sonori appena accennati e sonorità  elettroniche, assolutamente riuscito quanto imprevedibile e inscindibile. è proprio questo che fa di “Give Up” un album unico, in cui il tutto supera magicamente la somma delle sue parti.

A distanza di dieci anni, i Postal Service, mossi dalla volontà  di tornare sul palco, prima che da quella di incidere un nuovo disco, si presentano con una Deluxe 10th anniversary edition che contiene due dischi, il primo originale di 10 tracce e un secondo album di bonus tracks, tra le quali alcune performace live e alcune cover: Iron & Wine che rifanno “Such Great Heights” e gli Shins che interpretano magistralmente “We Will Become Silhouettes”, oltre a un paio di remix.

Le due tracce inedite sono “Turn around” e “A tattered line of strings”, entrambe all’altezza di essere in questo album. Ci sono poi le rarità  “Be still my heart” e “There’s enough time” (canzone presente nella versione vinile del 2004), da non perdere, così come la cover di “Against all odds” di Phil Collins, che sa rivisitare il pezzo in modo personale e originale.

Forse, dopo 10 anni, sarebbe stato bello avere tra le mani un disco di tracce nuove e inedite, si rimane con il dubbio di cosa potrebbero fare oggi i Postal Service se si mettessero a incidere qualcosa da zero, chi sperava in un loro ritorno anche creativo sarà  deluso. Detto questo, l’album rimane il capolavoro che era. Oggi, dopo dieci anni, “Give Up” gira ancora, spesso, nelle mie orecchie. Non ho più la televisione ma ascolto la riedizione di quel grande album, sdraiata sul divano, questa volta di casa mia.

Credit Foto: Autumn De Wilde