Verissimo supergruppo postosi al crocevia tra world-music e funk-rock, i Melt Yourself Down si sono da subito annunciati come una delle novità  più bollenti di questo 2013: contando in formazione musicisti provenienti da realtà  differenti ma ugualmente fighe come Heliocentrics e Acoustic Ladyland, la band ha prima liberato una serie di singoli sul web e poi esordito con l’omonimo album che andiamo a recensire.

Nei trentacinque minuti del disco si affronta un sudatissimo e irresistibile viaggio nei ritmi dell’Africa sub-sahariana con un’indole iconoclasta e rock, che può ricordare le incursioni etniche di gruppi europei (il riferimento, anche piuttosto palese, è all’incontro tra gli anarchici olandesi The Ex e il sassofonista etiope Gètatchèw Mèkuria): la partenza è affidata ad una “Fix My Life” che alterna elettronica spartana e tendenze free, nella successiva “Release” sono invece i fiati a farla da padrone, ma la conclusione del trittico iniziale, affidata alla psichedelica “Tuna”, è certamente uno dei vertici del disco con il continuo rincorrersi tra Europa ed Africa, tra ritmi tribali e reiterazioni minimaliste.
Se il singolo “We Are Enough” è un ottimo biglietto da visita, il giusto mix tra irruenza e orecchiabilità , il disco si mostra poi leggermente monotono, incapace di raggiungere la stessa potenza e meraviglia dei tre brani iniziali, anche se il romanticismo etnico di “Free Walk” e l’incontro tra doom e afrobeat di “Mouth to Mouth” si possono tranquillamente definire totali tanto grandiosi sono.

Era forse legittimo, considerati i nomi coinvolti, aspettarsi qualcosa in più dai Melt Yourself Down: non mancano la grande perizia tecnica e l’enorme conoscenza della memoria trattata, ma un pizzico di coraggio in più da lasciare a bocca aperta anche dopo la potente botta iniziale. Anche così è un signor disco e, se l’estate continua a non affermarsi, potete ritrovarla in questi torridi e trascinanti suoni.