I Barrett sono una famiglia come tante che vive nei problemi della quotidianità  e sotto gli effetti della crisi globale; Daniel (Josh Hamilton) è un architetto disoccupato mentre la moglie Lacy (Keri Russell) è un agente immobiliare che fatica a piazzare residenze.

I problemi però non si concludono alle complicazioni lavorative,i genitori infatti devono fare i conti con Jesse (Dakota Goyo),figlio in piena fase adolescenziale-ribelle, e le stranezze crescenti del piccolo Sam (Kadan Rockett).
Quando però i fatti che riguardavano il secondogenito si estendono a ogni membro della famiglia, i coniugi decidono di fare chiarezza sulla situazione, prima affidandosi alla forze di sicurezza locali poi attraverso un “ricercatore”specializzato in tali fenomeni.

Le premesse per questo film erano ambigue, se da una parte si poneva fiero e trionfante Jason Blum, uno dei produttori che meglio sa gestire una pellicola horror(da “Sinister” a “Paranormal Activity”, passando per “Insidious” e “le Streghe di Salem”, la lista è lunga),dall’altra invece vi erano molto dubbi e altrettanti timori rappresentati dalla figura del regista Scott Stewart (“Legion” e “Priest” le sue precedenti pellicole,una meno riuscita dell”‘altra).
Il risultato di quest’unione è un lungometraggio ben confezionato nella messinscena ma decisamente insipido nello svolgimento e che molto raramente riesce a procurare qualche spavento.

Stewart crea una storia di grande realismo visivo e contestualizza il tutto perfettamente nella nostra epoca per dare una base effettiva all”‘ansia che vuole costruire,abbandona così le estreme scelte stilistiche e narrative dei precedenti lavori che tanto penalizzavano il risultato finale.
A fare da spina dorsale a tutto il film ci pensa poi la bella colonna sonora(decisamente la cosa migliore del lungometraggio) di Joseph Bishara, che con l’esperienza maturata al fianco di James Wann è diventato ormai vero e proprio maestro di colonne sonore a venature horror; da “Dark skies” a “The disturbance” passando per “Not in control” ,il compositore utilizza una linea minimale tra fischi e distorsioni di onde che perfettamente si adatta alle situazioni sullo schermo.

Ma i lati positivi non arrivano oltre, “Dark Skies” infatti soffre una sceneggiaturache ha zero spunti originali,analizza male le fragilità  della famiglia el’importanza della sua coesione e deve le sue trovati migliori a classici del genere horror quali “Poltergeist”-“Demoniache Presenze” e “Amityville Horror” per i momenti di possessione, fino a “Signs” o “Il Quarto Tipo” per i rapimenti tipici deglialien-movie.

Nonostante i massicci prestiti,il regista non ha la forza per costruire una tensione degna delle aspettative create e con il proseguire del film le vicende assumono una piega assurda(proprio per la gestione della narrazione e del comparto visivo, più che per l’evento in sè) e sempre meno inquietante.
Oltre a questo, le interpretazioni dei protagonisti non aiutano a coprire le lacune sopra citate, Josh Hamilton ha per tutta la durata la mono-espressione sul “chi va là ” mentre sono leggermente meglio Keri Russell e J.K. Simmons nella parte dell’esperto di rapimenti alieni.

“Dark Skies” quindi è lontano dal lasciare allo spettatore quel senso di inquietudine e angoscia tipico degli abduction movie e non riesce ad essere tanto meglio di un qualsiasi episodio di X-Files.

Rating:

Regia: Scott Stewart
Produzione: Blumhouse Productions, Cinema Vehicle Services, Alliance Films
Sceneggiatura: Scott Stewart
Fotografia: David Boyd
Montaggio: Peter Gvozdas
Costumi: KelleKutsugeras
Scenografie: Jeff Higinbotham, Hernan Camacho, Sandy Lindstedt
Colonna sonora: Joseph Bishara
Con: Keri Russell, Josh Hamilton, Dakota Goyo, KadanRockett, J.K. Simmons
Durata: 97 min.









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