Sono passati quasi dieci anni dall’esordio dei Maxà¯mo Park: era il 2005 quando uscì “A Certain Trigger”, trainato dal singolo esplosivo “Apply some pressure”. Nel frattempo c’è stato l’ottimo “Our Earthly Pleasures” (2007), capace di scacciare via i timori caratteristici del secondo album e di confermare la band inglese tra i migliori gruppi in circolazione negli anni della rinascita indie rock degli anni zero. Subito dopo, però, ci sono stati due passaggi a vuoto, “Quicken The Heart” (2009) e “The National Health” (2012), che hanno fatto calare notevolmente l’interesse per la band di Paul Smith, un destino analogo a quello di molti gruppi esplosi dopo il 2001, anno che, con l’uscita di “Is This It?” degli Strokes, segna una sorta di rinascimento dell’indie rock. A causa dei precedenti lavori, “Too Much Information” corre il rischio di passare inosservato, almeno qui in Italia. Senza ripescare la retromania, croce e delizia della cultura pop degli ultimi quindici anni, il nuovo album dei Maxà¯mo Park è un’insalata in cui si mischiano gli ingredienti che hanno reso memorabili gli ultimi trent’anni di musica britannica.

“Give, Get, Take” si apre con dei synth che si spostano presto sullo sfondo e lasciano spazio a un ritmo che la fa sembrare una canzone scartata da “A Certain Trigger”. Il synth pop anni ’80 è al centro di “Brain Cells” e “Leave This Island”, in cui emergono sfumature new wave da sempre appartenenti al dna della band. Si avverte l’eco degli Smiths in “Lydia, The Ink Will Never Dry”. L’elettronica targata anni “’80 ritorna prepotente in “Is It True?”, in una discesa lungo un sentiero oscuro e a tratti ipnotico. “Drinking Martinis” è forse la canzone migliore del disco, un pop venato di malinconia che potrebbe richiamare alla memoria “Books From Boxes” o “Karaoke Plays”, canzoni che sintetizzano alla perfezione gli esordi dei Maxà¯mo Park, quella loro capacità  di spingere il pop verso lidi malinconici, alla ricerca dei momenti perduti in un passato sbiadito, doloroso eppure dolce. Sulla stessa scia “Midnight On The Hill”, con versi che sembrano confermare i sentimenti evocati dalla musica: It was midnight on the hill/A sudden silence/Too much information/We were struggling with our will/What happened next?/I would like to know/Funny how the moments come and go. “Her Name Was Audre” ha un sapore quasi rockabilly, francamente estraneo alle sonorità  dei Maxà¯mo Park. La chiusura è affidata allo scorrere placido di “Where We’re Going”.

Ecco, dove stanno andando i Maxà¯mo Park? Questo disco è di sicuro un passo avanti rispetto ai due lavori precedenti, magari non è all’altezza di “A Certain Trigger” e “Our Earthly Pleasures”, ma canzoni come “Drinking Martinis” e 2Midnight On The Hill” sembrano rinverdire i fasti di un tempo, confermando che la band è capace di produrre musica di qualità . Paul Smith e soci, però, dovrebbero scegliere una strada e percorrerla fino in fondo: cercare il rinnovamento a tutti i costi o rimanere fedeli a se stessi?