La rassegna stampa che ha preceduto il Festival marino delle Sirene di Vasto era molto divisa tra un debutto notevole e ambizioso dell’evento e tutto lo scettiscismo di una location che presentava numerosi interrogativi in materia di spazio, gestione e organizzazione. L’ambizione di smuovere un paese, l’Italia, dove i Festival anzichè aumentare, tendono a finire nel dimenticatoio, è coincisa con la scelta di una line-up di qualità . La prima cosa che mi ha colpito mentre aspettavo l’apertura della biglietteria è stata l’affascinante quanto coraggiosa e rischiosa idea di trasformare Vasto, i suoi vicoli, le sue piazze affacciate sul mare e le sue spiagge in un teatro di musica indie-rock, post rock con una buona dose di folk ed elettronica. Lì sul Corso De Parma, (piccola biblioteca diventata biglietteria per l’occasione) cuore pulsante del centro storico di Vasto, mentre fremevo dalla voglia di mettere il mio primo festival-braccialetto, ho sentito le vibrazioni del giovane appassionato che vuole esserci, che vuole partecipare, perchè nell’aria si respira l’idea del grande fatto.

Allora in attesa dell’apertura comincio a girovagare per i vari palchi e vialetti del borgo fino a incontrare il main stage in Piazza del Popolo: un palco con le pietre del borgo locale a fare da cornice e il mare immenso a strapiombo, dietro. Nelle immediate vicinanze il cortile del palazzo d’Avalos a due passi e i giardini del palazzo. Posti che presentano altri palchi. E poi la via Adriatica con tanti localini, stand, dj sets. Una premessa da brividi.

Il day 1 prevedeva la proiezione di “Mistaken for Strangers” dei The National, Headliner del day 2 e il concerto dei Giardini di Mirò e il loro nuovo “Rapsodia Satanica”. Il rockumentary è stato bellissimo e lo è stato ancor di più conoscere quel mattacchione di Tom Berninger, fratello di Matt. Il day 3 al main stage ospitava Alexis Taylor (Hot Chip), John Grant e infine i Mogwai. Confesso: è stato il mio primo festival e non ho avuto la gamba e l’abilità  per fare avanti e indietro tra uno stage e l’altro. Ma vedere tante ragazze e tanti ragazzi correre tra un palco e l’altro alla ricerca dei gruppi e artisti che suonavano mi ha fatto emozionare tantissimo, il fascino del festival era partito insieme alla foga di sentire quanto più e possibile e per tutti i gusti Non mi hanno fatto impazzire gli orari dei concerti. Avrei preferito far iniziare prima gli artisti minori e soprattutto non far suonare i big dalle 23. In ogni caso è andata bene lo stesso soprattutto per chi come me la mattina è riuscito ad andare al mare. Perchè il bello del Siren era l’attesa da consumare con il mare e le vaste spiagge di Vasto.
Il tempo di una doccia, una prima birra ed è subito bagarre per la prima fila. Qualche piccolo problema di organizzazione, qualche simpaticone dello staff che fa aumentare il livello di ansia da attesa per i The National.

Gli inglesi Dry The River fanno uno show molto intenso. Le voci bianche e pulite della band risuonano ancora tra le mura della città , il loro indie-rock trasmette una bella energia. Indimenticabile il loro pezzo migliore “No Rest” e alcuni buoni pezzi del nuovo disco in uscita. (“Alarms in the Heart” 25 agosto). A seguire il punk-rock molto grezzo dei The Drones riscalda ancora di più l’atmosfera. Personalmente non mi hanno fatto impazzire ma non si sono risparmiati e hanno suonato con tanta energia e questo a un festival può solo fare del bene. E alla fine arrivano loro. Ingresso con sottofondo Doors e inizio con tripudio della Piazza piena di gente super elettrizzata.

I The National dal vivo sono incredibili. La band è di una precisione che spaventa. In perfetta contraddizione c’è la voce Matt Berninger: un pazzo scatenato, irrequieto, arrabbiato, impreciso che infiamma il palco tra bicchieri di vino volanti, corse forsennate tra i bar della piazza, il contatto diretto con il pubblico e un indimenticabile serenata ad una dolcissima signorona che assisteva al concerto da casa sua. Matt Berninger è di un’espressività  inverosimile, unico nel genere. Se sono diventati grandi non è un caso. Hanno un fuoco dentro che può solo uscire allo scoperto sconvolgendo la platea che li ammira. E se con le note di “Vanderlyle Crybaby Geeks” si chiude la prima giornata di concerti, il giorno seguente riparte in tarda mattina con il cielo grigio, a volte la pioggia e l’aperitivo con Mogwai soundcheck.

Alexis Taylor, che non è un emergente, sa il fatto suo e fa uno show davvero bello, intenso e con canzoni che marchieranno l’estate 2014. Songwriter, soul, elettronica e pop malinconico fanno del britannico un ottimo inizio di serata (E non era facile dopo aver chiuso la prima con i The National).
Se dovessimo fare una classifica dei migliori concerti del Siren, sicuramente in molti metterebbero l’ora scarsa suonata da John Grant e la sua band. Un live struggente, suonato in maniera impeccabile. Ha alternato canzoni dei suoi due dischi all’attivo, giocandosi il tempo a disposizione nel migliori dei modi. “Where the dreams go to die”, “It doesn’t matter to him”, “Glacier” hanno fatto venire i brividi anche alle pietre.

Fanno calare il sipario le chitarre e le suggestioni post rock della band di Braithwaite. “I’m Jim Morrison I’m dead”, “Remurdered” e “Mogwai Fear Satan” hanno letteralmente fermato il tempo di una piazza gremitissima. Non si poteva chiedere sabato sera migliore con musica d’altissimo livello europeo, da champions. Lunga vita a Louis Avrami l’americano che da vent’anni si gode la bella estate vastese e che ha fortemente voluto questa nuova creatura musicale e alla DNA concerti organizzatore della sua prima edizione. Si perchè le persone stanno già  pensando al 2015. Il Siren Festival con il servizio pullman gratuito per gli abbonati, con i palchi in giro per il centro, con le spiaggie wild per bagni unici, con localini molto carini in giro, con prezzi alla portata di tutti di alberghi e cibo, con il sibilo delle sirene dell’Adriatico, può solo ritornare più forte di prima. Lo speriamo, lo sperano tutti.