Quando ero un bambino i palloncini a gas mi mettevano a disagio, avevo il terrore di perderli. Nella mia parziale visione del mondo il lasciarli andare non era un atto di libertà  ma una cattiveria. Preferivo che fossero sicuri legati al mio polso che allo sbando nell’atmosfera. Cercavo di girargli al largo e ogni volta che ne vedevo uno fluttuare solitario e malinconico in aria mi veniva una gran tristezza. Qualche decennio più tardi ho vissuto lo stesso disagio al cospetto di ogni disco nuovo della band della mia vita, i Counting Crows. Troppa la paura di “lasciarmi andare” all’oggettività  del giudizio abbandonando i sentimenti e il cuore, per cui dello scorso lavoro in studio non ci sono tracce sulle pagine di Indieforbunnies; ci trovate la recensione del loro ultimo disco live, molto più facile da mettere nero su bianco

Oggi, invece, sarà  l’età  che cambia le prospettive e che ci rende meno malleabili, sento di non avere nessun problema a descrivere questo nuovo “Somewhere Under Wonderland” come un buon disco di pop-folk-rock americano. Giusto un grande carico di curiosità  ma nessuna aspettativa, perchè una delle poche cose che ho imparato nella vita per evitare il carico di delusioni che si porta dietro, è cercare di riporre poche aspettative nel prossimo e in tante cose. Sarà  una versione nichilista dell’universo ma ti para il culo e con la musica funziona perfettamente.

Comunque c’è da parlare di un disco e non dei cazzi miei ma non c’è bisogno di trattati filosofici in merito. C’è una canzone fiume molto commovente in apertura (“Palisades Park”), una ballata in crescendo strapalacrime in chiusura (“Possibility Days”), una certa avarizia in scaletta, nove brani sono pochi, testi mediamente una spanna sopra la media e una band che sa fare il proprio mestiere. Adam Duritz è un cinquantenne che ha molto meno da dire rispetto a venti anni fa, e ci mancherebbe, ma riesce comunque a vestire i panni del cantastorie classico che tiene salda l’attenzione dell’ascoltatore. Distante anni luce dalle tempeste emotive dei primi dischi, “Somewhere Under Wonderland” svolge egregiamente il compito per cui è preposto, salvaguardando la dignità  e l’integrità  di una band non più di primissimo pelo. Forse sono aiutati dalla parsimonia con cui si concedono alle pubblicazioni, resta il fatto che i Counting Crows, al sesto disco in poco più di venti anni di carriera hanno ancora dignità  di essere. Di questi tempi non è tutto ma neanche niente. Allo stesso modo, anche il sottoscritto è ormai pronto da tempo a liberare nell’atmosfera tutti i palloncini ad elio che incontrerà  sulla propria strada.

Somewhere Under Wonderland
[ Universal – 2014 ]
Genere: folk-pop-rock
Rating:
1. Palisades Park
2. Earthquake Driver
3. Dislocation
4. God Of Ocean Tides
5. Scarecrow
6. Elvis Went To Hollywood
7. Cover Up The Sun
8. John Appleseed’s Lament
9. Possibility Days