Posizioni: [ #50 – #41 ] / [ #40 – #31 ] / [ #30 – #21 ] / [ #10 – #1 ]

#20) THE ANTLERS
Familiars

[Transgressive/Anti]
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La prima volta che ho ascoltato “Familiars” mi sono addormentato. La seconda pure. La mia testa era piena di pensieri e ricordi e semplicemente non ce la faceva a reggere un ulteriore peso emozionale, di questo calibro poi. Peter Silbermann è uno che non ha paura di suonare sentimentale e drammatico, lo sappiamo sin da “Hospice”.

A questo giro, più che in “Burst Apart”, manda definitivamente a quel paese ogni compromesso con i canoni della canzone “pop”. Ogni secondo, ogni nota, ogni sospiro, in “Familiars”, sembra durare un’eternità , racchiude in sè uno spicchio di eternità . “Familiars” è sentirsi minuscoli e immensi a seconda che il mondo venga percepito come, rispettivamente, immenso o minuscolo..
( Alessandro “Diciaddùe” Schirano )

#19) BEN FROST
A U R O R A

[Mute]
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“Aurora” documenta l’ennesima evoluzione del trasformista Ben Frost, camaleonte dell’elettronica che si diverte a esplorare di continuo nuovi territori. Un disco che lascia addosso una sensazione diversa rispetto a “Black Marrow” o al già  citato “By The Throat”, che avvolgevano l’ascoltatore trascinandolo dentro un mondo parallelo tutto da scoprire.

Tiene spesso a distanza, impedendo di perdersi completamente nella musica, come una regina altezzosa consapevole del suo fascino e proprio per questo ancora più interessante da corteggiare e conquistare.
( Valentina Natale )

#18) BEN HOWARD
I Forgot Where We Were
[Island ““ 2014]

Ben Howard ha avuto il pregio di ricongiungermi con un genere di songwriting che mi mancava da tanto tempo. Un genere di emozione che mi riporta ai primi ascolti di Damien Rice di tanti anni fa, cose che difficilmente hanno scalfito il mio cuore nell’ultimo lustro e forse di più.

Una ricetta intima ed emozionante per poco meno di un’ora di musica malinconica e una scrittura matura e mai troppo melensa. Visto che Damien Rice musicalmente è morto sotto una patina luccicante ma priva di contenuti, Ben Howard mi regala un nuovo ed inaspettato viaggio.
( Enrico “Sachiel” Amendola )

#17) GROUPER
Ruins

[Kranky]

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Le rovine degli imperi ci danno il senso della loro grandezza: da qua, l’amore di Liz Harris deve essere stato qualcosa di immenso, e si capisce anche se lo canta con voce sommessa, china sui suoi strumenti, come attenta a conservare le strutture delle canzoni e delle storie che collassano.

Una poetessa scriveva The hills step of into whiteness / people or stars / regard me sadly, I disappoint them e il Portogallo fuori dalle sue finestre assomiglia a una line of breath.
( Sara Marzullo )

#16) BECK
Morning Phase

[Capitol]

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Quando Beck mette mano alla chitarra acustica possiamo solo essere felici. “Sea Change” nessuno l’ha mai dimenticato. Il sound di “Morning Phase” è preciso e pulito, volutamente semi-polveroso, malinconico molto e riflessivo. L’ossatura del lavoro è caratterizzata da canzoni che iniziano con la chitarra acustica che poi si immergono in vasti e splendidi canyon del suono.

Un super ritorno. Dopo tante produzioni validissime e superlative volevamo un suo disco con dentro tutta la sua classe.
( Angelo “The Waiter” Soria )

#15) ELBOW
The Take Off And Landing Of Everything

[Fiction]
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E’ ufficiale: pochi gruppi scrivono break up records con la qualità  e la grazia di Guy Garvey e dei suoi Elbow.

“The Takeoff And Landing Of Everything” trasporta brano dopo brano in un viaggio appassionante tra gli abissi e i delicati alti e bassi del cuore e della vita, cercando disperatamente di capire come fare a sopravvivere quando la tua “lei” ti ha lasciato alla soglia dei quaranta, con tanti rimpianti e pochi sogni in tasca.
( Valentina Natale )

#14) SWANS
To Be Kind

[Young God Records/Mute]

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Michael Gira ha iniziato ad assumere LSD a dodici anni, e ne ha compiuti sedici in una galera di Gerusalemme mentre scontava una pena di quattro mesi e mezzo per aver venduto droga. Ora, a sessant’anni, frequenta una piccola chiesa di periferia, senza prendere tutto per vero incondizionatamente, ma attratto da questo slancio verso l’Infinito e la Perfezione.

Quella degli Swans di questo nuovo corso (non tanto a partire dal ritorno del 2010 di “My Father Will Guide Me Up On A Rope” ma da “The Seer”) tocca solo di striscio il nichilismo (termine che a Gira non sta bene, per la verità ) dei loro anni ’80, partendo per una tangente verticale e trasformandolo in slancio verso l’alto, verso l’Infinito. “To Be Kind” è un album tracotante. Talmente tracotante e (ad oggi) definitivo che il già  definitivo predecessore, al suo cospetto, appare oggi come una prova generale. Michael Gira è qui a dimostrare che un cuore smussato agli angoli non significa avere palle meno quadrate. Che anzi, parafrasando gli Smiths, ci vogliono palle quadrate to be (gentle and) kind.
( Alessandro “Diciaddùe” Schirano )

#13) METRONOMY
Love Letters

[Because Music]

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Una delle band più interessanti degli ultimi dieci anni sfugge ogni hype e si concede un bel viaggio, intriso di nostalgia e gusto pop, nel passato: questo è “Love Letters”, quarto disco per i britannici Metronomy.

La definizione più calzante rimane però quella pescata in rete: tutte le volte che ascolto quest’opera, vorrei soltanto abbracciare Joseph Mount. Struggimenti e classe.
( Nicolò “Ghemison” Arpinati )

#12) AFGHAN WHIGS
Do To The Beast

[Sub Pop]
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Ovvero IL RITORNO. Quello che si aspetta con ansia e non delude. Sono dieci piccoli film d’autore di grande poesia e intensità  quelli che i redivivi Afghan Whigs hanno regalato dopo anni di silenzio discografico. Dimostrano di non aver perso un grammo della loro mostruosa energia sexy, autodistruttiva.

Capaci di mettere insieme come se nulla fosse staffilate hard rock e musicalità  soul. Emozionanti, cupi, dolorosi. Veri.
( Valentina Natale )

#11) WARPAINT
Warpaint

[Fiction]

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Amore, danza e morte

Un’altra splendida conferma. Un quartetto tutto al femminile che non smette di ammaliare, grazie a deliziose intessiture dreamy e ritmiche sempre ficcanti. Il loro tocco etereo tutto particolare è qualcosa di unico nel panorama musicale indipendente odierno.
( Luca “Dustman” Morello )

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