#10) A WINGED VICTORY FOR THE SULLEN
Atomos
[Erased Tapes]

Il secondo capitolo della collaborazione tra Adam Wiltzie e Dustin O’Halloran è una sinfonia post-moderna che coniuga l’ambient music più raffinata con l’austero romanticismo di archi e pianoforte.

La maestosa impostazione cameristica distillata dalle diverse esperienze dei due artisti si traduce nella materia sonora coesa, cinematica e palpitante di una magistrale ambient-opera.

#9) MYRIAM GENDRON
Not So Deep As A Well

[Mama Bird]

Le poesie di Dorothy Parker, messe in musica da una giovane canadese al debutto. Scelta particolare e rischiosa, ma resa con sensibilità  straordinaria da parte di Myriam Gendron, che attraverso un picking delicato e interpretazioni al tempo stesso asciutte e suadenti ha introiettato i testi della Parker, assorbendone la profonda introspezione e la libertà  di spirito con empatia e naturalezza disarmanti.

#8) CHRISTINA VANTZOU
N ° 2

[Kranky]

Non un semplice lavoro ambientale, bensì un affresco di onde sonore che si svolgono sinuose a mezz’aria tra synth di incredibile leggerezza, samples e partiture d’archi della Magik*Magik Orchestra.

Armonie reali e modulazioni digitali convivono come materiale e immaginario in poco più di una mezz’ora nella quale ogni frequenza tocca delicatamente corde sensibili, pennellando un’abbagliante galleria di visioni celestiali, in una coinvolgente sintesi di drone e orchestra.

#7) VASHTI BUNYAN
Heartleap

[Fat Cat]

“Heartleap” segna il definitivo addio dell’artista inglese alla ribalta musicale, e la Bunyan ha riversato in esso tutte le emozioni e i sentimenti di una vita vissuta in punta di piedi.

Un album tenue e schivo, intimo, profondo e del tutto fuori dal tempo. Dieci languide canzoni di estrema semplicità  melodica e strutturale che, senza fretta, penetrano sottopelle e, pur trasmettendo una profonda pace interiore, riescono nell’impresa di provocare un soave colpo al cuore.

#4) NED ROBERTS
Ned Roberts

[autprodotto]

L’omonimo album di debutto del giovane inglese Ned Roberts è un lavoro disarmante e avvolgente che regala una manciata di canzoni genuine e indimenticabili, che non necessitano di alcun artificio melodico.

Ci trasporta in un luogo ove lo spazio e il tempo si annullano e dove i fantasmi di Nick Drake e Bob Dylan si materializzano parlando attraverso la voce e la chitarra del giovane Ned, baciato da un talento fuori dell’ordinario.

#5) TINY RUINS
Brightly Painted One
[Bella Union]

Dieci tracce di un cantautorato semplice e ispirato, la cui garbata eleganza è adeguatamente esaltata dalle ritmiche sfumate e dalle ambientazioni romantiche di una piccola band di supporto.

Le fluide melodie di Hollie Fullbrook rifulgono con intensa discrezione, in sinuosi bozzetti di folk raffinato, sognante e crepuscolare.

#4) CAUGHT IN THE WAKE FOREVER
My Family Goes On Without Me

[We Live Amongst The Ruins]

Nella dimensione solitaria e umbratile di Fraser McGowan, filtra adesso qualche raggio di sole, che illumina di una luce fioca e ovattata un complesso puzzle compilato con sensibilità  e incredibile naturalezza.

“My Family Goes On Without Me” racchiude e trascende il sad-core da cameretta, l’elettro-acustica ambientale e tanto altro ancora, in una sintesi di fronte alla quale solo un essere inanimato potrebbe non emozionarsi.

#3) JAMES YORKSTON
The Cellardyke Recording And Wassailing Society

[Domino]

Il rosso scozzese si affida ad Alexis Taylor degli Hot Chips e, tuttavia, il suo ottavo album è un ritorno ai suoni più intimi e avvolgenti degli esordi, e, soprattutto, uno straordinario ritorno alla miglior forma in quanto a songwriting e arrangiamenti: un suono morbido, avvolgente e tradizionale, che permette a Yorkston interpretazioni vocali intime e appassionate, impreziosite dal controcanto della rediviva KT Tunstall.

Dall’iniziale “Fellow Man”, passando per la struggente ballata “Broken Wave”, fino alla delicatezza pianistica di “You and Your Sister”, un’armonia che lascia inermi e esterrefatti.

#2) GEM CLUB
In Roses
[Hardly Art]

LEGGI LA RECENSIONE

Christopher Barnes, alle cadenze pianistiche e al falsetto agrodolce che avevano caratterizzato lo splendido esordio “Breakers”, aggiunge profondità  orchestrali e suggestioni cinematiche coinvolgenti.

“In Roses” delinea un immaginario di austero romanticismo che avviluppa i passaggi strumentali e suggella i brani con code e intermezzi palpitanti. Non mancano passaggi ritmici e accenni d’organo e synth a completare uno degli album più emotivamente coinvolgenti del 2014.

#1) ALDOUS HARDING
Aldous Harding

[Lyttelton Records]

Nove canzoni talmente vicine alla perfezione da risultare commoventi ed emotivamente devastanti, una voce personalissima (come non se ne sentiva dall’esordio di Angel Olsen), arrangiamenti misurati che conferiscono personalità  ad ogni singolo brano, controcanto maschile di rara efficacia: questi sono gli ingredienti di un album folk atemporale e fuori moda.

Tanta improvvisa bellezza può risultare terrificante e appagante al tempo stesso.