I confini diventano sempre più labili. Sempre più porosi. Linee sfocate che non escludono, anzi.
Iniziare dai confini per parlare di “Dilate” dei Vessels mi sembra la porta d’accesso migliore al nuovo lavoro del quintetto di Leeds. Dopo gli esordi nei territori post-rock più classici (per intenderci: quelli per cui vengono tirati in ballo i Mogwai o gli Explosions In The Sky dopo i primi trenta secondi di un pezzo), i Vessels esplorano quelli dell’elettronica. Dalle chitarrone ai synth, per semplificare.
Un segnale era stato “Elliptic”, ep del 2013. Il brano omonimo è un indizio del cambiamento portato a maturazione con “Dilate” (di cui proprio “Elliptic” è la traccia numero due): otto minuti e quarantotto secondi la cui ossatura è un beat martellante su cui si innesta tutto il resto, in un crescendo d’intensità  in cui si sentono le radici post-rock dei Vessels. Il cambio di “Elliptic” è segnalato anche nell’artwork: il logo della band è diverso rispetto ai due lp precedenti (“White Fields & Open Devices” del 2008 e “Helioscope” del 2011), le linee morbide del lettering sono state rimpiazzate dalla geometria di un triangolo isoscele attorno a cui si dispongono le lettere che compongono il nome della band. Una copertina in cui dominano la pulizia e il rigore geometrico del nuovo logo, che compare poi sul retro del nuovo “Dilate”. Pulizia e geometria potrebbero far pensare a canzoni fredde: d’altronde è un concetto che si associa spesso (a torto) all’elettronica, tacciata di continuo di essere poco umana, priva del calore di strumenti “veri”. In sostanza musica fatta con computer e per computer. Diremmo che la musica di Apparat e dei Moderat o dei Telefon Tel Aviv o di Jon Hopkins è fredda e poco umana? No. I Vessels smentiscono ancora quest’opinione superficiale sull’elettronica con “Dilate”.

Fidiamoci di nuovo della copertina. Su uno sfondo nero, si apre uno squarcio bianco i cui bordi, colorati di azzurro, di verde, di rosso e d’arancione, sembrano espandersi e dilatarsi: espansione e dilatazione sono due concetti chiave di “Dilate”. La traccia d’apertura, “Vertical” riprende il discorso iniziato due anni fa con “Elliptic”: un beat solenne e martellante che cresce d’intensità  e sale seguendo un’immaginaria linea verticale fino a toccare un punto di rottura che segna l’ingresso dei synth, che restano a riverberare nell’ultimo minuto della canzone. Su quegli stessi synth, si innesta “Elliptic”. “Dilate” non prevede infatti frammentarietà  ma un discorso unico sull’espansione e sulla dilatazione: le tracce non finiscono, scivolano una dentro l’altra in un flusso che richiede un ascolto integrale e senza skip.
Il discorso sui confini, a proposito di “Dilate”, non riguarda solo quelli tra i generi musicali. Quello che mi ha colpito è il passaggio da un’atmosfera a un’altra non solo nell’arco dei quasi cinquantatrè minuti totali, ma all’interno delle singole tracce.

“As You Are” inizia distesa, con la voce di Isolde Freeth-Hale che si poggia su un tappeto di beat gommosi. Sono i synth a portare una certa inquietudine, il senso di qualcosa che incombe e che si manifesterà  solo alla fine. “Glass Lake” potrebbe sembrare, almeno all’inizio, cristallino come un pezzo di Imogen Heap. Arriva subito un basso scurissimo a spegnere la luce e a preparare il campo per un dancefloor umido di peccati.
Una menzione speciale la merita “Attica”: innanzitutto perchè il nome ricorda atmosfere elleniche che richiamano subito “Arcadia” di Apparat; poi perchè è un pezzo che fa scintille, ha un piglio marziale e cattivo, per cui l’unica cosa che resta da fare è spararlo fortissimo, che sia in cuffia o in macchina o dove vi pare.

“Dilate” non cambierà  la storia della musica elettronica, non segnerà  un prima e un poi. Nessuna svolta, chiaro. Non è difficile individuare le influenze (i sopracitati Apparat, MOderat, Telefon Tel Aviv, Jon Hopkins e, volendo andare più indietro, Chemical Brothers). Ma è un disco solido, ben fatto, che evoca atmosfere cinematografiche e videoludiche, apre scenari interstellari e sembra dilatare davvero lo spazio e il tempo.