Il team della Garrincha dischi, che da qualche anno a questa parte è una delle realtà  più interessanti dell’indie nostrano, torna a Roma con l’edizione 2015 di Garrincha Loves ovvero il colorato carrozzone itinerante che porta in giro per l’Italia le band dell’etichetta bolognese. La cornice scelta stavolta è quella dell’I Fest, festival autofinanziato e indipendente giunto alla seconda edizione, che quest’anno ha pacificamente invaso il Parco Nomentano vicino Piazza Sempione. Le trasferte della famiglia Garrincha, specie se di gruppo come in questo caso, sono sempre vissute con lo spirito allegro e goliardico di una gita scolastica. Ad aprire le danze ci pensano i Costa! capitanati da quel Matteo “Costa” Romagnoli che della label è anche il fondatore ma non è certo venuto qui solo per fare gli onori di casa e mettere benzina nel furgoncino. Saluta, ringrazia e suona le sue canzoni da cantautore nate piccole piccole e diventate grandi col tempo anche grazie alla partecipazione dei suoi “fratelli” di band. Fa un po’ di teatrino quando simula, finge di sbagliare gli accordi e poi dice scherzando “oh ma sono tutte uguali queste canzoni”. Il suo comunque lo dà  ed è musica che sembra particolarmente vera nell’aria umida di un’afosissima estate.

Tocca a quei disturbatori dei Magellano ravvivare l’atmosfera durante i cambi palco, facendo un gran bordello. Saltano su e giù come pazzi e svegliano pure i morti con la loro energia sovraumana e si conquistano un pubblico, non così numeroso purtroppo, che apprezza il diversivo messo su da questi due genovesi che hanno il DNA dei casinisti cronici. Proprio quello che ci voleva prima di passare il testimone a l’Officina Della Camomilla, cinque milanesi che di sonnolento non hanno proprio nulla come già  saprà  chi li conosce, che salgono sul palco introdotti da “Il Manifesto Del Futurismo”. Sono uno dei gruppi più solidi della Garrincha e lo dimostrano. La veste live, ben più rock rispetto ai dischi di studio, gli si addice. Fanno “Meringa Lexotan” e in una pausa Anna Viganò (la chitarrista) ne approfitta per dire: “abbassatevi il colletto delle polo che fate schifo! Se lo fate scopate di più!”. La loro mezz’ora la chiudono col feedback a palla.

Dopo una nuova incursione dei Magellano arriva L’Orso, non più one man band ma ormai stabilmente in versione band, che stasera prende eccezionalmente in prestito il batterista dell’Officina. E qualcuno dal pubblico urla “E’ un martire!” visto che ha suonato con due gruppi di fila senza pause. “No, un apostolo” risponde prontamente l’orso originario ovvero Mattia Barro. La sua creatura è cresciuta e si vede. I suoi album, le sue canzoni sono ormai dei piccoli classici per un pubblico affezionato. E L’Orso non si nasconde, naviga a vista tra pezzi vecchi e nuovi lottando sempre “Con i chilometri contro”. Poi Mattia parla del nuovo video in uscita (“dove io gioco a pallone e Tommaso fa dei giochini con le dita”). A un certo punto scoprono pure di avere la setlist sbagliata, perchè l’hanno scritta di corsa mentre suonava l’Officina, ma vanno avanti lo stesso che qui bisogna divertirsi. E infatti ci si diverte, pensando che andare ai concerti della Garrincha è un po’ come stare in famiglia. La musica non è una cosa seria ma aiuta, davvero. Poi però, mentre risuonano le ultime note dell’Orso, s’inizia bruscamente a capire la differenza tra avere vent’anni e averne trenta. L’umidità  che vien su dal fiume impietosa ha la meglio e si prende la via del ritorno, lasciando ai Teppa Bros (ovvero i due Alberto de Lo Stato Sociale) l’onore di chiudere la serata facendo muovere un po’ il sedere altrui.