Il carrello dei bolliti con la pearà , il risotto, l’amarone, un cameriere iper attivo e del cotechino, un amaro tra ragazzi intenti a guardare il calcio e ragazze in attesa della fine, buttafuori sovietici e un taxi per l’Interzona. Serate a parte passate di lì, in Interzona c’è una bellissima installazione (“Yard” di Giovanni Chiamenti & Zubami) dove si può camminare all’interno di una struttura fatta da tubi fosforescenti e ad ogni movimento corrisponde un suono. Almeno noi rincoglioniti l’abbiamo capita così, un sogno per ogni bollito insomma.

LOSCIL + SAMUEL KERRIDGE – Foto 1

Torniamo a noi. Quel “butèi” sparato ogni due secondi è parecchio dissonante, ma Verona – a parte la fastidiosa Hellas che magari retrocede – è fondamentalmente una città  splendida in cui perdere i sensi grazie a cibo, vino e sempre più spesso musica.
Sì perchè un nocciolo duro esiste, attorno ad alcuni ristretti centri vitali si sviluppa e cresce un piccolo movimento che spero possa diventare sempre più grande. All’Interzona, locale bellissimo dentro e fuori, quelli del Path Festival hanno chiamato due nomi non a caso: Loscil e Samuel Kerridge.
Ambient, droni, visual carichi d’acqua, atmosfere stracolme di vibrazioni, loop e quel canadese marchiato a Chicago dalla Kranky che fa sognare. Poi l’apocalisse, assalto sonoro, ferraglia a volte senza senso altre con ritmi marziali da terza guerra mondiale. Un estremismo del genere, sbattuto in faccia al pubblico, è un sigillo non banale della ricerca sonora del festival. Riuscire a creare ambienti del genere non è impresa da poco, richiede impegno, sbattimento e una buona dose di convinzione; perchè i due artisti rappresentano tutto fuorchè ascolti facili.

LOSCIL + SAMUEL KERRIDGE – Foto 2

Se ad un certo punto proponi Ben Klock, tanto per fare un nome, sai che richiamerai comunque tante persone, i numeri ci saranno. Poi però? Difficilmente avrai costruito un percorso del genere, coerente e fatto di totale assuefazione ad un universo che ha tanto da offrire.
Verona potrà  essere meno ricettiva di una Bologna o di una Milano, ma il problema semmai è privo di confine. Lo troviamo a livello ben più complesso visto un sistema in cui la qualità  è sommersa e si cerca magari di portare all’attenzione dell’utente l’amico di turno, creando un hype esagerato che ovviamente si sgonfia. Dunque le difficoltà  generali che incontrano festival strutturati come Path e Node – io continuo a vederli simili – sono anche dovute a chi racconta la musica seguendo linee guida prive di senso, se non quelle di racimolare qualche like.

LOSCIL + SAMUEL KERRIDGE – Foto 3

Tornando a venerdì sera c’è poco altro da dire, oltre rinnovare i complimenti a chi ha osato. Scott Morgan unica data italiana è una medaglia da mettersi al collo per uscire dalle secche, la nicchia può tranquillamente trasformarsi ed evolvere. L’altro, un kamikaze totale, ha annichilito il pubblico scuotendo decisamente anche gli organi interni. Meglio il primo del secondo visto gli intoppi allo stomaco causati dalla pearà . Poi la buonanotte con dj set simpatico e mai sfociato nel banale, almeno fino a quando siamo stati presenti prima di farsi scarrozzare dal classico tassista pazzoide, mitico Padova 4.

Foto 1 & Foto 2 di Ana Blagojevic.
Foto 3 di Alessandro Ferri.