I Nevermen non sono i nuovi supereroi mascherati di marca Marvel ma l’ultima avventura musicale di Mike Patton insieme a Tunde Adebimpe dei TV On The Radio e al rapper Adam Drucker aka Doseone dei Subtle, Themselves, cLOUDDEAD. Più che gruppo supergruppo (anche se a loro non piace esser così definiti) più che supergruppo vero e proprio dream team per orecchie curiose. Un progetto iniziato nel 2008 e approdato solo oggi, dopo un bel po’ di false partenze, al disco d’esordio. E visto il calibro dei personaggi coinvolti, ci si poteva aspettare qualunque cosa. Il miglior modo per descrivere i Nevermen è: immaginate i N.E.R.D di Pharrell Williams strafatti di acido e impegnati a inseguire i fenicotteri rosa di Sorrentino. Scherzi a parte Patton, Doseone e Adebimpe tirano fuori un album giocoso, trasformista e impegnato. Contaminato dalle mille influenze e dalla capacità  d’inventare che li ha sempre contraddistinti. Parola d’ordine: “The frontman digests its self“. Cioè niente ego nè primedonne in campo, nei Nevermen tutti si dividono equamente i compiti. Una vera collaborazione insomma e si sente.

Questo non è uno spin off dei Faith No More, dei tanti progetti paralleli di Doseone o dei TV On The Radio, anche se qua e là  spuntano fuori momenti che tanto devono a tutti quei gruppi (tipo l’inizio di “Dark Ear” o l’attimo in cui l’ottima e riflessiva “Hate On” si fa incazzata in un bel crescendo). “Nevermen” è qualcosa di diverso che somiglia più che altro alle pazze evoluzioni di Patton con i Mr. Bungle o i Peeping Tom, con cui anche Doseone aveva collaborato nel 2006. “Tough Towns” sembra una parata da funerale in stile New Orleans tra le macerie e le miserie dell’America odierna, dove anche il piano si fa minaccioso. “Mr Mistake”, fresca di remix fatto dai Boards Of Canada, è un esperimento di suoni e rumori che cambia forma come un camaleonte ed è insieme a “Shellshot” la traccia in cui l’apporto di Doseone si sente più che altrove. Il combo Patton – Adebimpe – Doseone funziona quindi, nonostante qualche passaggio a vuoto in una “Fame II The Wreckoning” fin troppo blanda visti i fuochi artificiali precedenti, in “At Your Service” e “Treat Em Right” che finiscono per suonare un filo ripetitive.

“Nevermen” a conti fatti non è una Babilonia nè una Torre di Babele, anche se spesso lo sembra quando le tre voci dei nostri eroi si sovrappongono, si scontrano, si spingono in un flow pazzesco da veri schizzati o in un falsetto da cartone animato. Non è neppure un album che può piacere a tutti e qualcuno farà  purtroppo fatica ad andare oltre il primo pezzo, finendo per perdersi qualcosa. Chi è in cerca della perfezione a tutti i costi, delle canzoni che iniziano e finiscono allo stesso modo si astenga prego. Chi ha voglia di scoprire strani mondi ritmici e sonici è il benvenuto invece. I Nevermen dimostrano un bel coraggio nell’essere ciò che vogliono e al diavolo i compromessi. Ora però bisognerà  trovare un nuovo nome per il minestrone artistico musicale che hanno creato, che ricorda molto il non genere tanto caro ai cLOUDDEAD. Definirlo solo hip hop è riduttivo ma per brevità  facciamolo pure.