Vorrei molto avere una storia da raccontare. Poter dire che il 27 marzo 1991, quando “Spiderland” uscì, o anche qualche giorno, settimana o mese dopo, andai a comprare il vinile, o mi trovai in un negozio di dischi e lo comprai, o insistetti per farmelo regalare, o mi fu regalato senza chiedere da uno zio particolarmente illuminato eletto a ruolo di mentore musicale. O poter ricordare di aver letto da qualche parte quanto fosse bello e giusto definire “Spiderland” una “pietra miliare”, in uno sperticarsi in lodi con aggettivi, epiteti ed etichette varie (‘slowcore, math-rock, non-punk-però-forse, postrock-ma-non-del-tutto’) e aver immediatamente deciso (come fare altrimenti?) di ascoltare l’album. Oppure raccontare di essere capitata anche solo in modo fortuito al “concerto del ritorno”, dopo lo scioglimento, nel 2005 a Bologna ed esserne uscita in un’aura estatica propria delle grandi rivelazioni. Niente di tutto questo. Nel 1991 non ero nemmeno nata, nel 2005 sarebbe stato complesso esserci sempre per ragioni anagrafiche e non ho letto nulla in modo sistematico sull’album se non un paio di giorni fa. Tra queste letture, Federico Sardo (in “Non ti divertire troppo”) dice come gli Slint ci ricordano (urlano, proprio) che “tutti abbiamo qualcuno che ci manca”. A me, allora, (tra gli altri) manca una versione di me più vecchia di dieci/quindici anni che possa aver vissuto almeno un pezzo di Slint in presa diretta (e non con un ritardo di anni) e che abbia una storia in proposito da raccontare.

Una sera di 11 (credo) anni fa, sono più o meno distrattamente immersa in una circumnavigazione senza meta della rete, con le imposte della camera chiuse strette (credo sia un giorno freddo), la luce spenta e solo il pc a proiettare immagini disparate sulla retina. Vedo la foto in bianco e nero di quattro ragazzi che fanno il bagno in un lago (forse) e sembrano felici (per quanto siano felici davvero le persone nelle foto). è un po’ fuori fuoco, un po’ storta anche. A posteriori non so dire perchè, ma mi colpisce al punto da voler sapere cosa sia. Ecco che scopro, incidentalmente, “Spiderland”. Trentanove minuti e trenta circa, divisi in sei brani di una media di sei minuti e qualcosa ciascuno. Per me ossessionata dal numero tre e dai suoi multipli non può non essere un segno. Lo ascolto, poi una seconda volta, continuo a riascoltarlo nei giorni successivi.

Mi piace il fatto che tutto sembri costruito per sottrazione: se non sai cosa fare, ripeti; se non vuoi cantare, non farlo e da’ spazio a parti (o brani) interamente strumentali; oppure parla, sussurra anche. Alla fine, ma solo alla fine, puoi urlare. Mi piace che i testi riescano a tessere quasi dei brevi racconti, fatti di immagini ben descritte; che racchiudano rimandi letterari più o meno nascosti (il più evidente: il tributo di “Good Morning, Captain” a “The Rime of the Ancient Mariner”); che siano anche un po’ impacciati, come lo si può essere da poco più che adolescenti nel cantare l’amore (vedi alla voce: “Washer”). Mi piace che una profonda cura traspaia dalla filigrana dell’album: i sei brani sono brevi opere autonome, ma perfettamente armonizzate tra loro; tre accordi vengono messi lì, all’inizio di “Breadcrumb Trail”, ripetuti all’infinito, poi diventano qualcos’altro, poi si perdono, poi ritornano: se una cosa compare sulla scena, sai che è lì per sparare; nulla è lasciato al caso. Mi piace che da questo non derivi un’impressione di finzione o di manierismo: si sente solo qualcosa che funziona meravigliosamente.

Sono un disastro a scrivere biglietti di auguri di buon compleanno. Di solito li riempio, in modo molto poco originale ed efficace, di citazioni a tema o di ricordi con il festeggiato. In questo caso, l’unico (non) aneddoto possibile sarebbe quello di pensare a me quasi ventenne che ascolto “Spiderland” registrato (in due soli fine settimana) dagli Slint allora quasi ventenni, con in comune “tra noi” la non troppa consapevolezza di ciò che musicalmente c’era stato prima e la totale noncuranza di ciò che sarebbe venuto poi. Il valore dell’album è lo stesso, per chiunque lo (ri)ascolti, da 30 anni: musica che suona bene.

Slint ““ Spiderland
Data di pubblicazione: 27 marzo 1991
Tracce: 6
Lunghezza: 39:38
Etichetta: Touch & Go
Produttori: Brian Paulson

Tracklist:
1. Breadcrumb Trail – 5:55
2. Nosferatu Man – 5:35
3. Don, Aman – 6:28
4. Washer – 8:50
5. For Dinner… – 5:05
6. Good Morning, Captain – 7:38

Ascolta per intero “Spiderland”: