Per quanto riesco a ricordare, Novembre non è mai stato un mese felice. Non me ne spiego il motivo, ma l’ho sempre associato ““ fin da bambino ““ al grigio. Vuoi per la malinconia dell’autunno che pian piano diventa inverno, vuoi per il cielo per la maggior parte del tempo appesantito da nuvoloni e fredda, insistente pioggia. Vuoi perchè la combinazione diventa ancor più pesante quando vivi in una città  come Londra, che tra smog e tempo storto in questo periodo di grigiore ne ha da vendere.

Basta una serata di musica, però, in una settimana per altro già  fitta di altri impegni “live”, a farmi riappacificare con la vita. Una giusta (over)dose di endorfine, come soltanto il suono di una chitarra elettrica e un ritmo in levare possono provocarmi. E mi ritrovo ancora una volta sotto a un palco, occhi chiusi e aria che mi riempie i polmoni, mentre Evan Thomas Weiss, in arte Into It. Over It., grondante di sudore chiude un set di due ore tra i muri umidi di The Lexington.

E’ la bella e caratteristica venue di Pentonville Road a fare da cornice a questa data, la seconda di tre appuntamenti londinesi per il progetto indie/emo di Chicago, in tour europeo al fianco di Tancred. Che poi di Tancred c’è giusto l’essenziale, la voce e chitarra di Jess. Sul palco con lei ci sono proprio Evan Weiss (al basso) e Josh, suo batterista in tour con Into It. Over It.. Sembra una serata in una taverna a casa di amici, tanto distesa è l’atmosfera. Ne sono davvero entusiasta, perchè sul piatto della serata ci sono addirittura due album suonati per intero. Il recente “Standards”, una delle gemme di questo 2016, e il suo predecessore “Intersections” (2013).

E’ una serata di grazia, per Weiss, e lo si capisce quando imbraccia la chitarra e inizia a divertirsi e a far divertire la folla accorsa per questo appuntamento. “Open Casket”, “Closing Argument”, “No EQ” scorrono via veloci e nella loro cristallina freschezza. “Standards” è uno dei dischi icona di questo anno in musica, almeno a parere di chi scrive, e l’intrinseca difficoltà  di esecuzione non fa altro che esaltare una volta in più la capacità  artistica e di scena di questo musicista. Chicago, del resto, ha legato la propria scena al successo di sonorità  indie/emo divenute autentico marchio di fabbrica nell’ultimo ventennio.

La delicatezza emozionale di Into It. Over It. emerge a pieno titolo con i pezzi più fragile dell’intero disco, tra cui “Old Lace & Ivory”, suonata live per la seconda volta appena, oppure la complicata “Required Reading”. Evan si ferma, chiacchiera con il pubblico, scherza e ride. Il suo set scivola via e l’apertura di “Intersections” è l’occasione per rifiatere un po’, mentre la fatica si fa sentire. “A Curse Worth Believing” catapulta me e la folla intera in un paradiso sonoro dal quale sarà  difficile fare ritorno. Le emozioni non smettono di scorrere nemmeno quando il cantante racconta un aneddoto legato ai suoi precedenti viaggi a Londra, che coinvolse la fidanzata e un portafogli smarrito dopo una data a Camden. Via allora con le risate, mentre “The Shaking of Leaves”, “Upstate Blues”, “No Amount Of Sound” incalzano.

Il finale, poi, è tutto sperimentale, tra la malinconia di “Obsessive Compulsive Distractions”, “Your Antique Organ”, “Contractual Obligations”. Into It. Over It. saluta con un sorriso, sudato e felice al pari dei membri della band, agognando una doccia e un letto ma promettendo di intrattenersi con chiunque lo desideri, per qualche chiacchiera post set.

Cala così il sipario: due album suonati per intero, per un totale di 24 pezzi e due ore di musica allo stato più puro. Al The Lexington l’atmosfera è ancora elettrica così come enorme è il senso di felicità  che mi pervade. Endorfine, appunto. Riprendo la via di casa e nella mia testa continuano a risuonare i riff di almeno tre pezzi dei quali più di altri sono innamorato. Cosa posso farci, è musica e su di me ha questo potere.