Sul sentiero di Neil Young va ad incastonarsi anche questa pietra forse non così definita, ma proprio per questo rara e in un certo senso anticommerciale.
Le maggiori perplessità  emergono dalla mancanza di compattezza dietro il lavoro, che ha un suono non omogeneo, ma casuale.
L’idea del cantautore canadese è quella di tirare fuori dal cappello un album pieno di canzoni di protesta, però stavolta siamo ben lontani da una vetta come “Living with war” , scritto nel pieno della guerra in Iraq, dove Young si spinse a chiedere lo stato d’accusa per Bush.
Con “Peace Trail”, nonostante qualche buona traccia, ad esempio “Can’t Stop Working”, che si può vedere come un buon sunto delle tendenze folk contemporanee, si ha la sensazione di trovarsi dinanzi un disco innocuo, a discapito delle pretese iniziali.
La sua determinazione presente nel disco, come nella sua carriera, è l’elemento più amabile.
Young alla fine, prescindendo da questo lavoro, va comunque seguito e ammirato.

La narrazione dell’album si concentra sulla nazione indiana e sull’enorme dignità  delle proteste, avvenute in questi mesi a Standing Rock, contro il Dakota Access. Proprio alcuni mesi fa il cantautore aveva scritto ad Obama insieme ai manifestanti: Le chiediamo, Presidente Obama, di intervenire e porre immediatamente fine alle violenze nei confronti delle persone che protestano pacificamente. Le intenzioni di fare un’opera che funzioni da linfa alle proteste e alle speranze delle persone sono chiari, ma nella costruzione di “Peace Trails” c’è qualcosa di mancante, e addirittura di fastidioso per la composizione musicale.

Forse ci sono troppi clichè, forse c’è stata troppa fretta nel presentare questo lavoro, ma dopotutto ci inchiniamo comunque al suo genio, dopo trentasei album in studio possiamo fare solo così.
La sensazione è che manchi qualcosa, o forse ci sia troppo da sentirsi vuoti e confusi. Ascoltando “Peace Trail” ci si sente come davanti ad un bellissimo palazzo coperto di pubblicità , i più accorti cercheranno di vedere i marmi pregiati della struttura, altri però rischiano di voltare le spalle e entrare in un fast food prima di aver notato le preziosità  della carriera di Neil.
L’album forse sarà  destinato a rimanere in un mucchietto di opere piuttosto anonime, allora ai nostri lettori non resta che riscoprire la vera anima di Young.

Foto Credit: Danny Clinch