Siamo al tredici gennaio, il 2017 è appena iniziato, ma era atteso ormai da tempo il nuovo lavoro dei Baustelle. I primi messaggi, a volte criptici (in pieno stile Baustelle), sono cominciati a spuntare da mesi sui social, dove la band ha sviluppato un contatto diretto con il pubblico. Poi è arrivata “Lili Marleen”, prima traccia rilasciata ma, come preannunciato dalla stessa band fuori dal nuovo disco. In seguito “Amanda Lear”, è stato il primo vero assaggio de “L’amore e La Violenza”.

Dopo “Fantasma” sinceramente era molto difficile immaginare cosa potesse nascondersi nella testa di Bianconi e co.
Nella prima vera traccia del disco, “Il Vangelo di Giovanni”, viene ripetuta più volte la frase “La mia vera identità “, quella di cui la band continuamente è alla ricerca, l’identità .
I Baustelle, effettivamente, dopo dischi di svolte e cambi di sound, si fissano su una formula a cavallo tra la modernità  e la vecchia scuola cantautoriale. Queste due facce è possibile vederle in due pezzi molto rappresentativi: “Eurofestival”, con un suono aperto e la voce di Rachele Bastrenghi, ricorda un Franco Battiato che riecheggia anche nel pezzo “Il Vangelo di Giovanni”; mentre sono estremamente contemporanei nella struttura pezzi come “Basso e Batteria”.
L’anima pop, che Bianconi teneva a far emergere è uscita, si è eretta con eleganza, e temo che guarderà  dall’alto tutti per tutto l’anno.
“Fantasma” era un disco duro, insopportabile (emotivamente parlando), “L’Amore e La Violenza” è un grido al nostro non-tempo.
I riferimenti evocati sono molti, anche a livello letterario: ad esempio in Betty la voce graffiante della Bastrenghi nasconde una citazione a Gabriele D’Annunzio.
Tuttavia non è questo l’importante: i testi di Bianconi sono raffinati, potenti, audaci e sono un ripieno perfetto alle melodie, in un certo senso barocche, ma di enorme effetto.

Loro sono esattamente come “La musica sinfonica in discoteca”, di cui parlano nel brano “La Musica Sinfonica”, sono una vera gemma del pop italiano, ma rischiano di rimanere incompresi, forse anche agli stessi fan, in particolare quelli storici.

Il più grande pregio del disco è quello di saper raccontare storie di una quotidianità  talmente disarmante, da non poterle riconoscere come tali.
Il viaggio de “L’Amore e La Violenza” è lungo circa 40 minuti, nel disco si incontrano stili diversi, da quelli dei tempi de “La Moda Del Lento” ai sound de “I Mistici dell’Occidente”.
Nelle canzoni del disco non c’è un setting spazio-temporale definito ma si rimane immersi in universo narrativo e musicale a priori.

Tutto si muove su dei contrasti, partendo proprio dagli arrangiamenti, che vanno da ballate come “La Vita”, un vero monumento del disco, ai synth estremi di “Amanda Lear”. Le opposizioni si sviluppano anche sui testi, si va dal sacro al profano, che talvolta appare più divino della santità .

Bianconi e co giocano con le parole, con gli arrangiamenti, con le situazioni. A noi piace il divertissement dei Baustelle e ancora una volta rimaniamo stupiti.