Diciamocelo subito: “Atlas” di Pier Alberto Valli è il disco che mancava nel panorama musicale italiano.
Perchè? Perchè di fronte alla standardizzazione di suoni e tematiche che ha colpito la musica prodotta nel nostro paese negli ultimi anni questo lavoro ha il coraggio di cercare di essere “altro”, discostandosi nettamente da tutto ciò che è di moda in questo momento entro i confini nazionali, risultando al tempo stesso attuale per quanto riguarda la ricerca sonora verso il quale il suo autore si spinge coraggiosamente.
Già  nell’ultimo lavoro dei Santo Barbaro Pier Alberto aveva dimostrato di essere un autore di assoluto rilievo, dotato di qualità  letterarie fuori dal comune, ulteriormente messe in mostra nel suo romanzo breve intitolato “Finchè c’è vita” (Treditre Editori, 2015), di cui in un certo senso questo disco può rappresentare un’ideale prosecuzione in musica.

Quello che non troverete in “Atlas” è uno sguardo deferente verso il synth pop anni ottanta tanto in voga in questo momento, o al cantautorato da cameretta che sta riscuotendo tanto successo; in queste dieci tracce scoprirete un musicista capace di confrontarsi con l’elettronica contemporanea allo stesso modo in cui questa viene declinata da artisti come James Blake o Thom Yorke, la cui voce spesso viene qui evocata dal cantato tormentato di Pier Alberto.
Brani come “Frontiera” ed “Esodo” poi conoscono un crescendo ossessivo e inarrestabile che rimanda alle elucubrazioni sintetiche di alcuni episodi del Matt Elliott solista e dei suoi Third Eye Foundation, mentre un pianoforte dolente accompagna i restanti brani in scaletta, ben assecondato da un violino mai invadente, capace di richiamare le quattro corde Nickcaviane di Warren Ellis, tutto questo insieme ad un songwritig struggente e disincantato e all’interpretazione toccante del musicista romagnolo concorre alla creazione di un lavoro dall’elevato spessore artistico.

Proprio come Pier Alberto Valli ci invita a fare nel primo singolo estratto intitolato “Atlantide” dobbiamo immergerci in questo disco per poterne scoprire pienamente la bellezza, un’operazione questa che richiede coraggio e prontezza nel saperne afferrare la poesia, la quale dopo solo pochi ascolti sostituirà  completamente l’ossigeno, permettendoci di respirare anche nelle misteriose profondità  dove si celano le vestigia di antiche civiltà  perdute nel tempo.