Paladini dell’art-pop, i mancuniani Dutch Uncles tornano a due anni da “O’ Shudder” e lo fanno con un album per certi versi inatteso. “Big Balloon” è il titolo del nuovo LP – uscito via Memphis Industries – un percorso articolato in 10 tracce per poco meno di 35 minuti di ascolto. à‰ un disco che già  sulle prime conferma ciò di cui eravamo già  a conoscenza: il quartetto di Marple conosce la formula magica per scrivere buone canzoni, e – cosa ancora più importante – ha raffinato il proprio processo compositivo, sviluppando il proprio panorama sonoro in modo forse inaspettato.

“Big Balloon” è un disco che, francamente, non ho ancora compreso appieno, anche dopo diversi ascolti. à‰ un viaggio, come detto in apertura, che incorpora tutte le sfaccettature di una band che ha sempre amato giocare con repentini cambi di direzioni, ora negli schemi ritmici, quindi nelle intelaiature di synth ed altri elementi che nel tempo li hanno avvicinati a mostri sacri quali Talking Heads. Senza dimenticare, per altro, quell’analogia con la deriva post-punk rivitalizzata almeno un decennio or sono. Se “O Shudder” aveva ammorbidito le poco accessibili sonoritá di Dutch Uncles agli esordi, questo quindi lavoro in studio galleggia a metà  strada, tra la necessitá di creare motivetti ossessivi e l’utilizzo di chitarre distorte e riff di percussioni. à‰ un album che non conosce soste o riposo di sorta, il cui ritmo quasi forsennato corrobora l’idea di “urgenza” che porta con sè.

Si comincia con le acide linee di basso nella title-track d’apertura. Il climax è presto raggiunto con “Combo Box”, dove ritmiche in levare catturano l’attenzione dell’ascoltatore proiettandolo in uno stato di tensione musicale che si manterrà  quindi costante. La ripresa sul tema è servita con “Same Plane Dream”, una delle tracce più complicate, che racchiude come in uno scrigno la nuova direzione coraggiosamente presa dal quartetto. I territori inesplorati raggiunti da Duncan Wallis e soci, dunque, si mostrano all’ascoltatore anche in “Achamaleon” – brillante semi-ballata dai toni noir – e “Streetlight”, dove le criptiche liriche del frontman fanno l’occhiolino ad atmosfere piຠdanzereccie.

Alla fine dei conti, si può asserire che “Big Balloon” nasconda molteplici personalità . à‰ un disco che rischia di suonare ripetitivo a un ascolto distratto, ma che in realtà  racchiude una varietà  di situazioni cosà­ forte da rappresentarne il punto di forza. Le complicate evoluzioni portate da Dutch Uncles in queste 10 tracce sono, di fatto, l’elemento di maggiore interesse in un disco che solo il tempo saprà  consacrare a vero elemento di svolta o, viceversa, degradare a release meno efficace delle precedenti. à‰ certo, tuttavia, che questi quattro ragazzi hanno saputo svoltare rispetto al passato e va dato loro atto di averlo fatto con coraggio e non senza un certo stile.