Ci sono dischi intrappolati in emozioni sopite, simili a vecchie fotografie finite in soffitta per molto tempo. Riaffiorano ciclicamente, simili ad una brezza primaverile in anticipo che accarezza la pelle e riempie i polmoni di aria fresca e rassicurante. Ci sono incroci che rievocano qualcosa che si pensava perduta o quantomeno cancellata. I Sodastream sono sempre stati, lì in bella mostra sullo scaffale dei dischi, ogni tanto a raccontare qualche contrasto, a mettere sotto una nuova luce una mancanza o un anelito di solitudine sul ciglio di un momento sbagliato. Con la capacità  di raccontarti di una versione precedente del te stesso di adesso, rimarcando le differenze, nel bene e nel male, di ciò che è diventata la tua vita. Riemergono oggi da un silenzio durato anni e che sembrava essere un addio, uno di quei bellissimi abbracci definitivi che si imprimono indelebili nella memoria. E invece sono qui, (quasi) esattamente nel punto immediatamente successivo a quel saluto.

“Little by Little”è una gentile concessione del duo australiano a cui devo tanto se ripenso ad una sera di circa 14 anni fa a Napoli in occasione di un loro concerto dove ebbi modo di conoscere amici che sono ancora oggi nella mia vita. Un ritorno di quelli inaspettati e improvvisi, tanto che la storia un po’ si ripete se pensiamo che la promozione di questo nuovo lavoro è opera di altri amici conosciuti grazie alla musica e a queste pagine. Il disco non tradisce il “peso” che si porta dietro e lo fa con dolce leggerezza. Ci sono le morbidezze a colori tenui a cui siamo abituati ma anche qualcosa in più, come una ricchezza dei suoni talvolta più marcata. Un po’ di autunno con code di malinconie ma anche tanta primavera, questa volta non solo accennata ma vissuta nella sua pienezza; perchè le stagioni passano per tutti ed è anche giusto essere coerenti con il proprio spirito pur concedendosi qualche digressione sul tema o semplicemente crescendo.

C’era un tempo in cui alcuni sentimenti erano come fragile legno pronto a cadere in tanti pezzi, mentre oggi, assieme alle piccole cicatrici che fanno male quando cambia il meteo, ci sono le fondamenta su cui posano certezze, dolci o amare che siano. Cavalcare di nuovo l’onda di questi suoni gracili regala anche la consapevolezza che anche la musica sa farsi più forte e allo stesso tempo non tradire la propria natura. Un disco che aumenta il mio personale debito nei confronti di Karl Smith e Pete Cohen, tornati ad esprimere con sconcertante sincerità  la propria essenza, uguali e allo stesso tempo un po’ diversi. In musica questo è l’unico modo per suonare onesti fino all’ultima melodia.