Non poteva mancare in questo 2017 un album a firma Jason Williamson e Andrew Fearn. Di recente Williamson è diventato attore, partecipando al film “Lost Dog” (dura critica alla riduzione dei fondi per l’assistenza disabili decisa dal governo conservatore inglese) ma non ha alcuna intenzione di appendere il microfono o il “fuck” al chiodo. A qualche mese di distanza dall’EP “T.C.R” e due anni dopo “Key Markets” gli Sleaford Mods non sono diventati più docili o malleabili nonostante il trasferimento in casa Rough Trade potesse far pensare a un cambiamento di rotta o di stile. Restano orgogliosamente contro per vocazione e indole. Prendiamo ad esempio la ricetta delle “English Tapas” citata nel titolo e scoperta per caso in un pub: mezza scotch egg, una ciotola di patatine, sottaceti e una mini pork pie. Il giudizio di Williamson su questo bell’esempio di cucina fusion è lapidario: “La dice lunga su questo posto del cazzo: è commedia, è accontentarsi, è ignorante e soprattutto è merda”.

Si riferisce al pub ma potrebbe tranquillamente parlare della Gran Bretagna versione post Brexit. Fustigata a più riprese e senza pietà  coi suoi parchi divertimenti per famiglie (“Drayton Manored”) la noia imperante, il pollo biologico organico, il punk che forse è morto forse no, il porno che avanza spedito su tablet e cellulari. Non manca neppure l’ennesima frecciatina contro NME, bersaglio fin troppo facile ormai, messo alla berlina in “Dull” con due righe al vetriolo: provateci un po’ voi ad andare sul sito e vedete se riuscite a restare seri. Ma le ingiurie migliori Williamson le riserva a Philip Green patron di British Home Stores, catena di negozi presente in ogni centro commerciale fino a non molto tempo fa, che dopo aver dichiarato bancarotta si rilassava tranquillamente sul mega yacht di famiglia (la storia è raccontata con dovizia di particolari in “B.H.S.”).

Andrew Fearn, da bravo creatore di tracce e ammaestratore di beat, sta al gioco e prova ad ampliare il sound degli Sleaford Mods spingendosi in territori più dark, cupi, minimalisti, giocando con l’elettronica (“Time Sands”, “Cuddly”) e con un po’ di reggae. Il rischio, per un gruppo come gli Sleaford Mods, è sempre quello di essere troppo uguali a se stessi. Di ripetersi insomma, possibilità  che diventa sempre più concreta man mano che i dischi si succedono, le parole si accumulano e il politicamente scorretto diventa un’abitudine praticata perfino dai presidenti in carica e non più limitata ai monologhi di “Trainspotting”. Williamson & Fearn però riescono sempre a restare attuali anche se incalzati dalla concorrenza dei vari Slaves, Stormzy e Skepta. “English Tapas” probabilmente non avrà  l’impatto di “Divide And Exit” o “Austerity Dogs” ma dimostra che gli Sleaford Mods non hanno alcuna intenzione di mollare la presa.