Si respira l’attesa, il sudore e la birra nei meandri del Monk, a Roma, in un venerdì sera che sa già  di primavera. Sono tutti lì per lui, e altrettanti ce ne saranno domani sera, in un doppio appuntamento andato completamente sold out, come canterebbero altri.

Siamo a “La fine del tour”, prima delle due tappe romane dell’ultimo tour di Francesco Motta, ultimo almeno per un po’, con suo grande ““ e ancor più nostro – dispiacere. Il cantautore pisano ma ormai romano d’adozione, ex leader dei Criminal Jokers, è asceso l’anno scorso nell’Olimpo delle star della musica indie italiana con il suo primo, meraviglioso lavoro solista “La fine dei vent’anni”, prodotto e sostenuto in ogni sua fase da Riccardo Sinigallia, di cui Motta ““ ci dice lui stesso – parla tanto perchè secondo me non se n’è mai parlato abbastanza.
E, dopo la brillante apertura dei Campos, connubio tra l’ex Criminal Jokers Simone Bettin e Davide Barbafiera, eccolo salire sul palco, accompagnato dai bravissimi musicisti che non si stanca mai di presentare e ringraziare.

Ha un’umiltà  sorprendente, un cuore grande e un’umanità  ironica e tangibile. Sentiamo che sarà  una grande serata, Se continuiamo a correre, e ce lo canta in apertura. Una sensazione che trova costante conferma: un’energia esplosiva, un apparato musicale ormai collaudato e perfettamente funzionante, un’esecuzione potente e dirompente, straziante quando deve, che si lascia permeare dal timbro unico di Motta e ancor di più dai suoi testi, così veri, incisivi, penetranti.
Riattraversiamo l’album del vincitore del Premio Tenco 2016 in ogni suo giro, tra i quali vengono incastonati pezzi come “Fango” presi dal repertorio e dai due album dei Criminal Jokers, che non viene mai negato anzi esaltato, tra ricordi di pit stop in autogrill e mangiate di camogli. “Mio padre era comunista”, “Sei bella davvero”, “Del tempo che passa la felicità “, “Roma stasera”: ci sono tutte all’appello. Un concerto che Motta vive come un modo per ringraziare chi gli è sempre stato accanto, dove si dona al 100% al suo pubblico adorante che urla “Daje Checco”.
Un concerto da vero manuale indie-pop, perfetto mix tra la potenza diretta di chi ha delle cose da dire e sa farlo bene e la musicalità  che resta incastrata in testa di chi sa maneggiare tra le corde l’arte del creare una magia con gli strumenti.

“Prenditi quello che vuoi” è l’ultimo consiglio che ci lascia: lui che, forse, quello che vuole oggi se l’è preso. E, col sudore e la poesia, guadagnato.

Credit Foto: Alessandro Antonelli, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons