Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?
Puntuale come “Una poltrona per due” su Italia 1 a Natale arriva il disco annuale di Mark Kozelek, CALALARVOB (anche solo l’acronimo è inquietante e chilometrico) è il quarto lavoro ufficiale negli ultimi quattro anni dell’ex Red House Painters, ai quali però si devono aggiungere una mezza dozzina di live, ep, album natalizi, dischi di reading di fiabe africane(?), colonne sonore e quant’altro, un’ iperproduttività  questa segno di una bulimia creativa che ha finito per prosciugare quella ritrovata ispirazione che aveva partorito il gigantesco “Benji” e il suo naturale e speculare seguito, quel “Universal Themes” dell’anno successivo.

Se la collaborazione con Jesu dello scorso anno poteva apparire come un tentativo di ampliare il proprio spettro espressivo (tentativo fallito, il povero Justin Broadrick è finito schiacciato dal prepotente ego di Crazy Koz), l’album in questione è il classico esempio di una personalità  artisticamente deviata che ha rotto ogni argine e ogni remora, creando un lavoro che estremizza tutti quei difetti riconosciuti anche dal fan più accanito, il tutto riversato per giunta in un album doppio, come se Mark Kozelek volesse testare la pazienza del povero ascoltatore.

Come giudicare questo disco? Semplicemente per quello che è, l’ennesima infinita scheggia impazzita creata da un uomo per cui l’osservazione pleonastica del proprio quotidiano, arricchita dall’ossessione del particolare, è diventata il centro della propria arte: come il povero Philip Seymour Hoffman protagonista di “Synecdoche, New York”, Kozelek cerca di scrivere il grande romanzo della propria vita nell’atto stesso di viverla, fallendo però nell’esatto momento in cui non si rende conto che il compito dell’artista è quello di filtrare l’inutile se non si è capaci di renderlo quanto meno interessante.

Impossibile dare un voto a questo disco, così com’è difficile non solo arrivare alla fine dell’ascolto ma anche pensare di rimettere il disco nel lettore una seconda volta, e in chi vi scrive il sospetto che l’ obbiettivo dell’irascibile e forastico gigante proveniente dall’Ohio sia proprio questo si fa sempre più prepotentemente strada, diventando ormai quasi una certezza.