Ai texani Black Angels deve piacere moltissimo “The Black Angel’s Death Song”, canzone dei Velvet Underground contenuta nel loro debutto-capolavoro del 1967: da questa hanno preso sia il nome della band che il titolo del nuovo album, “Death Song”. D’altronde, il fascino per la creatura di Lou Reed e John Cale emerge chiaramente anche dalla musica di Alex Maas e soci: un mix tra neopsichedelia e garage rock, che alterna momenti acidi e suggestivi a ruvide incursioni nei territori di gente come Stooges e Fuzztones.

Che non tragga in inganno la descrizione del loro stile, però; dietro i Black Angels non c’è nessuna operazione nostalgica o una semplice ripetizione di quanto insegnato dai grandi del passato. E le undici canzoni di “Death Song” ““ attraversate dall’ombra cupa e nera che attanaglia l’America dei tempi moderni ““ ne sono la perfetta testimonianza. I momenti più solari e “barrettiani” dei precedenti album (“Phosphene Dream” e “Indigo Meadow” su tutti) sono stati sostituiti dall’hard rock lisergico e quasi stoner di “Currency” e dal beat tormentato di “Death March”, con un giro di basso preso in prestito dai Jefferson Airplane di “White Rabbit”.
Le suggestioni psichedeliche lasciano il passo alle chitarre fuzz e agli organi Hammond nell’energica “I’d Kill for Her” e nel groove contagioso di “Hunt Me Down”; lo spettro dei tanto amati Velvet Underground volteggia sulle note di “Grab as Much (as you can)” e di “Estimate”, una marcia solenne che potrebbe essere la perfetta colonna sonora per un nuovo film western diretto dall’Alejandro Jodorowsky di “El Topo”.

I momenti più acidi arrivano con “Comanche Moon” ““ chiusa da una lunga coda strumentale percorsa dagli echi della voce di Alex Maas ““ e con la new wave allucinata di “I Dreamt” che, con il suo riff di armonici dissonanti e il basso pulsante, è l’episodio più dark di tutto l’album. Interessante anche l’esperimento di “Medicine”, in cui il rock psichedelico tipico della band texana incontra il ritmo incalzante della disco music.
Ma “Death Song” riserva il meglio ai momenti più soft: “Half Believe” è una canzone d’amore sofferta e straziante, mentre la conclusiva “Life Song” si colloca facilmente tra le migliori canzoni realizzate fino ad oggi dai Black Angels. Intensa ed emozionante, alterna una prima parte dalle atmosfere simili a quelle dei Radiohead di “Exit Music (For a Film)” (da “OK Computer” del 1997) a una chiusura epica ““ impreziosita da mellotron e assolo di chitarra ““ che riprende esplicitamente il lungo finale della versione live di “A Saucerful Of Secrets” dei Pink Floyd contenuta in “Ummagumma” (1969).

“Death Song” è un album ricco di citazioni ma in grado di mantenersi su alti livelli di originalità . Il rock psichedelico dei Black Angels, ricco di contaminazioni e idee diverse, non teme il confronto con il passato e mostra ottimi margini di crescita per il futuro.