I Mew sono uno dei gruppi più originali degli ultimi venti anni; la loro grande capacità  di muoversi tra stili e generi diversi per inventare sempre qualcosa di nuovo è fuori discussione. Nei momenti migliori, sono riusciti come nessun altro a unire con successo melodie irresistibili a strutture incredibilmente complesse: gli album “And the Glass Handed Kites” (2005) e “No More Stories/Are Told Today/I’m Sorry/They Washed Away//No More Stories/The World Is Grey/I’m Tired/Let’s Wash Away” (2009) rappresentano l’incontro ideale tra l’orecchiabilità  del pop-rock moderno e l’imprevedibilità  del progressive; un crossover indie decisamente ricco ma mai ridondante, in grado di fare breccia nei cuori di mostri sacri come U2 e R.E.M. .

La band danese ha però cominciato a perdere smalto negli ultimi anni: “+ -” del 2015 è un lavoro più che buono, ma non ha la brillantezza e lo spessore dei suoi predecessori. Questo a causa della decisione di Jonas Bjerre e soci di allontanarsi dai loro marchi di fabbrica ““ i tempi dispari e le raffinatezze prog – per privilegiare soluzioni più immediate e molto meno spiazzanti per l’ascoltatore, cercando esplicitamente di collegarsi al filone dell’indie da stadio tanto in voga negli ultimi anni.

Il nuovo album “Visuals” continua in questo solco: impossibile non sentire richiami a gruppi come Coldplay e The Killers in “Nothingness and No Regrets” e “In A Better Place”. L’addio del chitarrista Bo Madsen, avvenuto poco dopo l’uscita di “+ -” due anni fa, ha inoltre privato i Mew della loro anima più elettrica e ruvida: in questo settimo lavoro in studio c’è poco spazio per il rock e le distorsioni degli esordi, sostituiti dal synth pop “à  la M83” di “85 Videos” e dell’ottantiana “The Wake Of Your Life”.

Il contorto riff hard rock di “Candy Pieces All Smeared Out” riporta alla mente il passato progressive della band; la canzone è uno dei momenti migliori e più originali di “Visuals”, impreziosita da un ritornello di facile presa e da strofe dal forte sapore dream pop. Molto suggestiva anche la new wave elegante e dark di “Ay Ay Ay”, brano che ha un intro molto simile a quello di “Wire” degli U2 (da “The Unforgettable Fire” del 1984).
La delicatezza R&B della ballad “Shoulders” e gli accenni worldbeat di “Twist Quest” rappresentano novità  interessanti nella ricetta del trio danese; il post-rock epico della conclusiva “Carry Me To Safety” riporta alla mente l’intensità  del loro classico “Comforting Sounds” (da “Frengers” del 2003), probabilmente uno dei pezzi alternative più belli ed emozionanti degli ultimi quindici anni.
I Mew non sono più la band giovane e incredibilmente promettente dello scorso decennio: cambi di line-up e scelte stilistiche diverse li hanno portati a una sorta di progressiva “spersonalizzazione” della loro musica che, in qualche modo, continua anche in “Visuals”. Nonostante l’indubbia qualità  dei nuovi brani e la maturità  artistica raggiunta già  da un pezzo, l’impressione generale è che troppo spesso la forma prevalga sulla sostanza; da un gruppo dal passato tanto coraggioso è lecito aspettarsi qualcosa di più di un bell’esercizio di stile.