Jeff Tweedy traccia una nuova strada. Anzi, ne ritraccia una già  percorsa colorandola di atmosfere diverse.
Primo di una serie di dischi incisi nel suo studio di Chicago e dedicati alla sua vita di cantautore, “Together at last” riporta nell’intimità  autoriale del leader dei Wilco, un’intimità  che non , si era raggiunta neppure in “Sukierae”, il disco inciso con il figlio.
“Finalmente insieme” – come dice il titolo ““, finalmente solo in studio, finalmente solo con il suo ascoltatore, proprio come quando gira per teatri in religiosi concerti in solitaria.
E quindi al bando l’alt rock, il country rivisitato, le sperimentazioni collettive e lo sperimentalismo che hanno reso magica e attraente la musica dei Wilco: in questo disco ci si ferma sulla soglia, ci si siede sulla sedia a dondolo sotto il portico e si pizzicano le corde di una chitarra.

Più che una strada dunque forse è un sentiero silenzioso, fatto di tanti piccoli sassolini: non sappiamo bene dove vada, e neppure perchè, ma non siamo ancora sicuri che ci interessi saperlo, per ora vogliamo solo goderci il panorama nel percorrerlo a occhi chiusi.
Forse ci sta portando verso la sua casa, dentro i suoi pensieri, come sembra cantarci nella prima traccia “Via Chicago”, tratta dall’ album “Summerteeth” del 1999, dove dell’originale non restano altro che morbidi suoni di chitarra uniti alla melodia di un’armonica a bocca.
La successiva “Laminated Cat”è invece una delle due tracce senza etichetta Wilco, ma che comunque proviene da uno dei suoi progetti musicali: il pezzo dei Loose Fur è reso molto bene nella semplicità  dell’arrangiamento acustico. L’altra cover del disco è “Lost Love”, dei Colden Smog: qui Tweedy coglie l’amore senza parafrasarlo, cerca di radunarlo all’ombra della sua voce. “E’ solo una questione di tempo, non dovremmo prendere tutto così duramente”, ci ammonisce con la grazia del vero predicatore.
Voce e chitarra, semplici accordi, ogni brano riportato allo stato primordiale come in una sorta di ritorno a un cantico delle origini: da “Ashes of American Flags” a “I’m Always in Love”, i pezzi della band si frantumano e si riducono a morbide schegge di suono. La fischiettante “Hummingbird” e “I Am Trying to Break Your Hearth” sono forse i due brani più riusciti in questa nuova e spoglia cornice melodica data ad alcuni dei più bei brani del repertorio di gruppo.

Ci vuole coraggio, a sedersi su uno sgabello e ad abbandonarsi fiduciosi alla propria voce, alle proprie parole e alle proprie dita che pizzicano corde con dolcezza.
Ci vuole bravura, e quella a Jeff non manca certo, e anche gusto musicale, come ha dimostrato ad esempio nella selezione dei pezzi che compongono l’album.

Resta però una sensazione di sospeso, come se ci volesse ““ o se ci avesse portato ad aspettare ““ qualcosa di altro, di oltre, di più. Come se l’amaca dove ci stava cullando alla fine fosse un po’ stretta, o un po’ scomoda, e ci facesse venire voglia di provarne una nuova, pur non togliendo nulla alla sua intrinseca e potente validità .
“Together at last” è un disco, ma poteva ““ o forse doveva – rimanere un concerto, conservarsi più puro, perfetto per la rarità  della suo accadere, magico per la sua singolarità .

Photo: Tristan Loper / CC BY-SA