Buone nuove dall’universo Mogwai. Gli architetti sonori di Glasgow, ormai arrivati all’album numero nove senza contare colonne sonore e divertissement vari, tornano a collaborare con il produttore Dave Fridmann, già  al loro fianco in “Come On Die Young” e ” ROCK ACTION”. “Every Country’s Sun” (chiamato così per prendere bonariamente in giro un amico e la sua scarsa conoscenza del sistema solare) è stato presentato con un concerto “segreto” al Primavera Sound ed è un distillato sapiente di ciò che i Mogwai sanno fare e hanno fatto, con qualche piccola sorpresa. Un disco che nasconde al suo interno undici pianeti-canzone in moto costante e perpetuo, supernove, ammassi stellari, buchi neri e altre astronomiche amenità  musicali.

E’ una forza di gravità  instabile ma resistente quella che lega i tanti pezzi del mondo Mogwai, dopo l’uscita dal gruppo dello storico chitarrista John Cummings due anni fa. Chissà  forse stanchi del pianeta Terra dopo aver raccontato la tragedia della bomba in “Atomic” e il riscaldamento globale partecipando alla colonna sonora di “Before The Flood”, Stuart Braithwaite, Dominic Aitchison, Martin Bulloch e Barry Burns hanno deciso di traslocare altrove con note e pensieri. Mescolando sapientemente influenze diverse come e più che in passato: elettronica, sintetizzatori, le tanto vituperate atmosfere post rock che spesso sconfinano nella precisione del math rock, l’etereo minimalismo di “aka 47”, l’esplosività  di “20 Size”, l’aggressività  rock di “Battered At The Scramble”, “Old Poisons” e “Every Country’s Sun”, un briciolo di psichedelia merito anche della mano di Fridmann (che oltre ai Mogwai ha prodotto anche Flaming Lips e Mercury Rev).

A colpire però sono soprattutto le pulsazioni ibride di “Coolverine” (supereroe sui generis) le dolci armonie vocali di “1000 Foot Face” (che è un po’ la sorella gemella di quella “What Are They Doing In Heaven Today?” che abbelliva la colonna sonora di “Les Revenants”) l’intensità  crescente di “Don’t Believe The Fife” e una “Party In The Dark” cantata da Stuart Braithwaite (già  questa è una notizia) che è probabilmente il momento più diabolicamente e melodicamente (art) pop mai costruito dai Mogwai. Una band che dopo ventidue anni di onorata carriera non ha necessità  di fare rivoluzioni musicali e non deve dimostrare più nulla a nessuno.

Photo Steve Gullick