Viene dalla lontana San Pietroburgo (patria anche degli ottimi Pinkshinyultrablast), nella Russia Nord-Occidentale (anche se la nascita ufficiale del quintetto, nel 2015, è da ricondurre a un piccola cittadina siberiana, ovvero Barnaul), questa formazione che aveva già  ottimamente fatto parlare di sè con l’omonimo EP d’esordio, datato 2016.

Cerchiamo di essere chiari e diretti. Il primo album dei Blankenberge, “Radiohaze”, è un disco shoegaze. Magnifico. Punto. “Radiogaze” è uno di quei lavori che ci dimostrano come questo genere non solo sia attivo, ma che attraversi anche una favolosa fase di magia compositiva ed emozionale. Difficile usare le parole giuste per descrivere un simile incanto: provate a chiudere gli occhi, immaginandovi in un viaggio sonico, realmente catartico e sublime, con la speranza di non arrivare mai alla fine per non interrompere un vera e propria magia ammaliante. Mai come in questo caso la metafora del viaggio ci può venire utile.

Potremmo citare gli Slowdive come punto di riferimento maggiore per la formazione russa, ma faremmo un torto se ci fermassimo qui, perchè in realtà  sono ben visibili e udibili echi più post-rock di formazioni come Explosions In The Sky, Sigur Ros e sopratutto i primissimi Mogwai, ma in realtà  qui tutta la scuola anni ’90 è conosciuta alla perfezione, emergendo in piccoli dettagli, come ad esempio la batteria di “So Cold” che rimanda agli Adorable di un brano come “Radio Days”. La cosa che più incanta è la capacità  assoluta e ipnotica di creare l’estasi dal riverbero e dal fragore più imponente (la voce di Yana che mitiga l’ambiente è qualcosa che da i brividi), come la miglior tradizione del genere insegna, certo, ma qui è fatta con dei toni così vibranti e spontanei che nell’ascoltatore si genera empatia immediata, mentre lo spazio e i confini intorno a noi scompaiono, dilatandosi all’infinito. Granitici e poi dolcemente pulsanti in “Somewhere Between”, come vento ricco d’impeto e mare in tempesta in “Out Loud”, ma anche eterei e carezzevoli come labbra vellutate che ci sfiorano in sogno nell’incantevole “Not Enough” e, addirittura, su sentieri quasi pop in “We”, in cui sembra di ascoltare il potenziale nuovo singolo dei Night Flowers, se avessero deciso di potenziare al massimo il feedback.

Stavate già  facendo la lista dei dischi dell’anno in ambito shoegaze? Bene, fermatevi: i Blankenberge non possono mancare e la posizione sarà  molto alta.