“77” è il nome del primo album dei Talking Heads, che quest’anno compie 40 anni, e 77 è indubbiamente l’anno dell’esplosione del punk a Londra e nel resto del mondo, l’anno di pubblicazione di Nevermind The Bollocks here’s the Sex Pistols, per intenderci.

Country BlueGrass & Blues che c’entrano questi generi musicali con il punk e i Talking Heads? Beh se conoscete le pieghe della musica moderna saprete benissimo che fu il CBGB il locale dove “tutto” ebbe inizio, la base operativa dei Ramones e dove iniziarono a suonare anche i Talking Heads nella New York presa d’assalto da artisti e/o emarginati di ogni forma e tipo, era la New York di Basquiat e di Andy Warhol, benvenuti nell’ East Village di Manhattan.
Raramente un album riesce ad avere un impatto e un’importanza nella storia della musica come questo primo lavoro dei Talking Heads, completamente nuovo e diverso da tutto quello che circolava per le strade della grande mela e per molti versi avanti allo stesso punk che proprio in quegli anni prendeva concretamente forma; praticamente era più nuovo del nuovo.

A differenziarli da tutti gli altri era proprio la struttura dei brani, David Byrne, mente geniale e scheggia impazzita, preferiva una chitarra pulita e sottile rispetto all’assalto ultradistorto del punk. I suoi brani erano un corpo trasparente, con tutte le ossa e le vene ben visibili, musica scarna e scheletrica in cui lo spettatore riusciva a distinguere i collegamenti elettrici del sistema nervoso. Elettricità  palpabile nelle ritmiche saltellanti della chitarra, in completa assenza di parti soliste, che in pratica erano lasciate al modo di suonare di Tina Weymouth, la bassista che usava tonalità  intermedie, ovvero quelle che corrispondono all’estensione della voce umana per non essere troppo distante dalla chitarra di David e scavare un gran Canyon tra i loro mondi.

La durata dei brani era estremamente ridotta, l’unica cosa in comune col punk, per il resto non era il rock, ma il funk e la nascente disco music ad interessare e stimolare il gruppo di Byrne, il primo, probabilmente, ad avere nella formazione una donna come musicista e non già  come icona/leader alla Blondie.
Il funk dicevo e le tecniche di produzione della dance nera, i remix allungati e le sovrapposizioni di trame sonore era la vera rivoluzione che Byrne vedeva all’orizzonte e non il casino irriverente basato essenzialmente sugli stessi canoni degli Stones, che gente come i Ramones proponeva.
Le canzoni avevano spesso una struttura a singhiozzo e melodie spigolose e taglienti, rispettavano quei canoni della New Wave che proprio loro stavano costruendo: “Psycho Killer”, fra i pezzi più amati di quel periodo, è sicuramente tra i più conosciuti del gruppo, una canzone sempre attuale e che espone limpidamente l’irrequieta atmosfera di sconnessione e ansia tipica della New Wave: sfido chiunque a non ricordare e seguire nel ritornello la strofa Fa-fa-fa-faa, Fa-fa-fa-fa-faa-fa.
Stesso meccanismo utilizzato in “The Book I Read” in cui non si può fare a meno di lasciarsi andare e seguire il Na na na naaa (pausa lunga) Na-na-na-naa (pausa breve) na-na-naaa.
Insomma se vi ritrovate in un mercatino de vinili usati e vi spunta tra le mani la copertina tutta rossa di questa piccola perla, non pensateci neanche un secondo: compratelo!
Un disco da avere e ascoltare con attenzione per capire perchè ha influenzato e continua ad influenzare generazioni di artisti e non solo musicisti: mi viene in mente Paolo Sorrentino che alla consegna dell’oscar per La grande bellezza nominò proprio i Talking Heads tra i suoi “eroi” giovanili e fonte di ispirazione.

TALKING HEADS ““ “77”
Data di pubblicazione: 16 settembre 1977
Tracce: 11
Durata: 38:37
Etichetta: Sire
Produttore: Tony Bongiovi, Lance Quinn, Talking Heads

Tracklist:
1. Uh Oh, Love Comes in Town
2. New Feeling
3. Tentative Decisions
4. Happy Day
5. Who is it?
6. No Compassion
7. The Book I Read
8. Don’t Worry About The Government
9. First Week/Last Week”…Carefree
10. Psycho Killer
11. Pulled Up