Sono passati ormai sette anni dal ritorno in attività  dei Godspeed You! Black Emperor dopo la lunghissima pausa di inizio millennio, quando le voci di scioglimento si inseguivano imperterrite. “Luciferian Towers” è il terzo album pubblicato dopo quella reunion non poi così scontata per questi canadesi per cui il termine post rock risulta sempre riduttivo. Guardando la copertina e scorrendo la press release che i GY!BE hanno pubblicato qualche mese fa si aveva la sensazione che potesse e dovesse essere un disco militante, arrabbiato. Che se la prendeva col capitalismo, col lavoro precario che ci rende tutti più deboli, con lo sfruttamento economico e minerario del Canada (o meglio Kanada come a loro piace chiamarlo). Inscenando un futuro apocalittico (“la foresta sta bruciando e presto ci daranno la caccia come lupi”) e chiedendo a gran voce la fine di ogni guerra. Nella musica che accompagna le idee dei Godspeed You! Black Emperor però non c’è nulla di violento o arrabbiato. Non stavolta almeno.

“Undoing A Luciferian Towers” col suo drone e il ritmo lento, quasi ipnotico, trainato dalla la tromba di Craig Pederson e dal sassofono di Bonnie Kane fa capire fin da subito che quello che ci troviamo di fronte è il disco più riflessivo e vulnerabile mai uscito dalle tasche di questo collettivo di musicisti senza compromessi. Melodico, orchestrato benissimo (“Fam/Famine”, la fine di “Bosses Hang, Pt. III”che si apre in un epico tripudio di note e colori con le chitarre imprigionate, tenute quasi a freno). La distanza tra le intenzioni barricadere e l’esecuzione intensa di questi brani è immensa. Ed è proprio questo a rendere “Luciferian Towers” un disco misterioso e affascinante. Che guarda al passato con la divisione di alcune tracce in parti (anche se sarebbe più giusto chiamarli movimenti) ma da quel passato non si lascia condizionare. L’inferno dei Godspeed You! Black Emperor è più che altro un caos calmo pieno di rumore bianco e dissonanze gentili che ricordano i Revolutionary Army Of The Infant Jesus.

“Luciferian Towers” sembra un esorcismo fatto di note sbagliate che esplodono. C’è più paradiso in questo disco di quanto non ce ne fosse in “Allelujah! Don’t Bend! Ascend!” e in quest’ironia c’è molto dell’esperienza dei GY!BE. Non scateneranno più quel muro di suono tenace e brutale che tanti si aspettavano, si aspettano, si aspetteranno ma con la conclusiva morriconiana “Anthem For No State” dimostrano di saper emozionare ancora e molto (non solo per via di quei lunghi minuti di distortissima furia nella parte terza). Ci vorrà  un po’ per abituarsi a questa nuova, più rilassata e misurata versione dei Godspeed You! Black Emperor ma la loro qualità  non si discute.

Credit Foto: Yannick Grandmont