Il 10 ottobre di dieci anni fa usciva in versione digitale “In Rainbows” dei Radiohead. E per molto tempo si è parlato più della scelta fatta dalla band, lasciare che i fan lo scaricassero liberamente dal proprio sito internet decidendo se e quanto pagarlo, che dei meriti musicali di questo settimo album. All’epoca è stata una piccola rivoluzione, un esperimento che a suo modo ha fatto storia. Un atto di fiducia lo ha definito Thom Yorke anni dopo, criticando aspramente Spotify, anche se poi si è scoperto che in realtà  si trattava di un rischio ben calcolato e non del salto nel buio che molti credevano.

Era uno strano momento il 2007 nella carriera dei Radiohead, che erano senza una casa discografica dopo anni passati alla EMI e potevano creare senza particolari pressioni. C’è voluto del tempo per ultimare “In Rainbows”, mesi frustranti di session con il produttore Mark Stent (al posto del fido Nigel Godrich) che hanno lasciato Thom Yorke e soci con molti dubbi e poche certezze. A salvarli è arrivato proprio Godrich che li ha trascinati a Tottenham House, una casa in stile georgiano a cinquanta chilometri da Oxford dove buona parte del disco è stata registrata. “Nigel pensava che avessimo bisogno di un’avventura” ha raccontato Ed O’Brien tempo dopo.

Sono passati dieci anni e parlando di “In Rainbows” ormai nessuno pensa più a quell’esperimento di condivisione creativa fatto dai Radiohead (che non l’hanno mai rinnegato ma non ne sono rimasti soddisfatti). A cancellarlo ci hanno pensato le copie vendute della discbox pubblicata dalla XL nel dicembre successivo (arricchite dall’ormai leggendario CD 2 che conteneva piccole gemme come “Up On The Ladder” e “4 Minute Warning”). Merito soprattutto di brani come la trascinante “Bodysnatchers” che è diventata una presenza quasi fissa live con Thom Yorke che canta “I have no idea what you are talking about I’m trapped in this body and can’t get out Oh, oh” . Ma questo è anche l’album di “Nude” (che i Radiohead cercavano di finire dal lontano 1997) con quel video rallentatissimo creato da Adam Buxton e Garth Jennings, di “All I Need”, di “Faust Arp” e dell’ “I don’t wanna be your friend I just want to be your lover” di “House Of Cards”. Non dimentichiamolo.

Dieci anni dopo “In Rainbows” resta un disco grintoso e vulnerabile, in cui i Radiohead si sono liberati dalla paura e dalla tentazione di pensare troppo che li aveva attanagliati spesso in passato, nonostante comporlo sia stata una gran fatica fisica e mentale. Un lungo travaglio e un parto veloce per dirla come Phil Selway, autore di un pregevole lavoro alla batteria forse passato un po’ in secondo piano nel 2007. Ancora oggi stupisce quanto i Radiohead suonino compatti, capaci di sorprendere e creare quando molti li davano in fase calante. “In Rainbows” insomma è stato l’album della rinascita, della vena creativa ritrovata: “Reckoner” è nata durante una jam session e così è rimasta. E’ un disco che migliora col tempo e finisce per conquistare anche i più scettici.

Radiohead ““ “In Rainbows”
Data di pubblicazione: 10 ottobre 2007
Tracce: 10
Lunghezza: 42:34
Produttori: Nigel Godrich, Mark Stent
Registrato: febbraio 2005 – giugno 2007

Tracklist:
1. 15 Step
2. Bodysnatchers
3. Nude
4. Weird Fishes/Arpeggi
5. All I Need
6. Faust Arp
7. Reckoner
8. House of Cards
9. Jigsaw Falling into Place
10. Videotape