à‰ stato un anno importante, per il quartetto di Toronto. Weaves tornano dopo 12 mesi dall’acclamato debutto, con un nuovo album, “Wide Open”, uscito sotto Memphis Industries, Kanine e Buzz Records per coprire l’intero globo. Il ritorno per l’eclettica band trainata dalla voce di Jasmyn Burke era particolarmente atteso e ““ lo diciamo subito ““ non deluderà  le attese, nonostante le avvisaglie iniziali non fossero infuse del maggior entusiasmo possibile.

Perchè? Semplice, dopo il self-titled LP di debutto in cui la band aveva provocato una vera e propria tempesta sulla piatta scena indie nord-americana, era lecito attendersi un ritorno che fosse tanto spregiudicato e menefreghista quanto lo era stato il primo nato. Il primo singolo estratto, “#53”, lo ammetto, mi aveva lasciato un retrogusto un po’ amaro, dettato dalla natura meno scanzonata e più diligente. Un compitino, fatto giusto per dimostrare che una band come il quartetto canadese sa produrre anche esercizi di stile senza sbavature.

Niente paura, ragazzi. Weaves sono  di nuovo tra noi con un album che se non conquisterà  le vette di gradimento con il suo predecessore, poco ci manca. “Slicked” regala subito un assaggio dei nuovi Weaves, con un pezzo che mostra la band in tutto il suo splendore: cambi di direzione in chiave jazz, esplosioni di chitarre distorte, la voce di Jasmyn in un tutt’uno che fa venir voglia di saltare. Senza dimenticare la successiva “Law and Panda”. Nella manciata di pezzi successive, tra una normale “Walkaway” e la lenta “Wide Open”, rispuntano eclettismo e voglia di far casino in “La La”. Eccolo qui, il pezzo che aiuta a comprendere quanto talentuosi questi quattro ragazzi siano in realtà .

Weaves non si fermano qui. Tra le alter perle c’è il featuring con la connazionale Tania Tagaq, “Scream”, che spicca nel computo totale come uno dei pezzi ““ o forse “il” pezzo ““ che maggiormente rappresentano la band in questo 2017. Si, perchè Weaves sono di ritorno con un album che fa muovere, tra percussioni apparentemente scoordinate con il resto della banda, e quel filo logico tutto da trovare, tutto da capire.

Jasmyn Burke e amici sono esattamente come li aspettavo, alla fine dei conti. Lungi da me scivolare ancora nel consueto paragone con il loro esordio un anno fa, “Wide Open” è un disco di tutto rispetto, che rimarrà  più di molti altri in questo particolare indie 2017. Garantito.