Ritornato da pochi giorni con un LP di materiale inedito dopo sei anni dall’uscita di “You Gotta Get Ready”, Terje Nordgarden non è, però, mai stato con le mani in mano, pubblicando un disco di cover italiane, “Dieci” (2013), in omaggio alla nazione che lo ha ospitato per così tanti anni, e poi, più di recente un live-album, “Live In Dresden” (2015).

Nel frattempo il biondo vichingo dal cuore latino è diventato padre di una bambina e si è trasferito nuovamente in Norvegia insieme alla famiglia: proprio a Oslo (al Paradiso Studio) è stata registrata, lo scorso inverno, insieme a Christian Engfelt e Marcus Forsgren, la sua nuova fatica sulla lunga distanza. Le novità  sono soprattutto due: nella scrittura dei testi, infatti, Terje, per la prima volta nella sua carriera, è stato aiutato da altre persone, in questo caso Claudia Scott e Johanna Demker e inoltre il disco è stato registrato insieme a una band, dando a Terje la possibilità  di cercare nuove soluzioni sonore.

Se Nordgarden, sin dall’iniziale “Changes”, title-track dell’album, non smette di dichiarare il suo amore per l’Americana (il piano presente in questo brano è una preziosa delizia), già  da subito sentiamo anche questo sapore r’n’b / soul, che ritroveremo in più occasioni durante questa mezz’ora abbondante, con le coriste che sembrano volerci riportare in una qualche chiesa di Harlem.

Molto gustose anche le numerose aggiunte di fiati dal profumo jazz (“Side Of The Road”), che aggiungono ulteriore eleganza al già  raffinato suono del cantautore norvegese, ma non mancano nemmeno le citazione più springsteeniane come l’ottimo singolo “You Must Be The Change”, che sa rimanere in mente sin dal primo ascolto.

Ancora atmosfere jazz in “Don’t Need Nobody” dall’andamento mai troppo spinto, mentre la dolce, ma malinconica “Right Now (Love Is Hell)”, una delle nostre preferite, è probabilmente il momento più riflessivo di questo disco.

Con “Changes” Terje ha saputo compiere un passo in avanti, costruendo un album solido, completo, interessante e ricco di particolari, di spunti e di ottimi arrangiamenti che, senza pretendere di cambiare la storia della musica, mette in luce ancora una volta le buone qualità  e il grande cuore del musicista norvegese.