Avete mai avuto la sensazione di essere stati imbrogliati? Buona notte! personalmente credo sia una delle frasi più emblematiche dell’intera storia del rock, fu pronunciata dall’allora ventiduenne Johnny Rotten a San Francisco alla fine dell’ultimo concerto dei Sex Pistols nel gennaio del 1978.
Quella frase sancì la fine del concerto, la fine del gruppo e la fine di un’epopea che aveva infiammato Londra ed il resto del mondo.

La miccia di quella bomba, che è ricordata come l’esplosione del Punk, era stata accesa a New York dai Ramones, si era inabissata (restando accesa) attraversando l’oceano Atlantico raggiungendo una Londra in pieno fermento, sconvolta da proteste di classe, scioperi e disordini per le strade.
In questo humus di forti cambiamenti persone, o meglio personaggi, come Malcolm McLaren (già  manager dei New York Dolls) riuscirono a cavalcare prima di tutti la piccola increspatura che si sarebbe trasformata ben presto in uno tsunami pronto a spazzare via il vecchio e a portare un cambio radicale nel mondo della cultura pop.
La musica prog, gli assoli, i brani da 20 minuti e i musicisti in generale avevano ormai le ore contate. Persone come Johnny Lydon (ribattezzato Rotten per i suoi denti marci) cresciuti a suon di Stooges e del krautrock più estremo (vedi Neu!) avevano solo voglia di sfogare la loro rabbia, di mettere al massimo i loro amplificatori e di urlare al mondo l’odio nei confronti di tutte le regole e le morali costituite.

Un gruppo sgangherato di ragazzi disperati e senza un soldo, con vestiti letteralmente strappati e tenuti insieme dalle iconiche e onnipresenti spille da balia riuscì a plasmare un approccio totalmente nuovo alla musica, ed è proprio questo il loro merito maggiore; più che le canzoni in sè, fu la loro attitudine ad essere rivoluzionaria e ad instillare in altri la voglia di esprimersi attraverso la forma canzone: vedevi i Sex Pistols sul palco e dicevi “Oh cazzo, ma questo posso farlo anch’io e voglio farlo anch’io!” [Peter Hook, bassista dei Joy Division].
Tra il “’76 ed il “’77 registrarono una manciata di brani e pubblicarono 4 singoli che in poco tempo finirono in cima alle classifiche britanniche e stiamo parlando di brani come “Anarchy in UK”, “Pretty Vacant” e “God Save the Queen”, con dei testi che, non proprio tra le righe, incitavano i giovani alla rivolta contro le regole precostituite e la monarchia.

Paul Cook, batteria, Glen Matlock (poi Sid Vicious), basso, Steve Jones, chitarra, Johnny Rotten, voce e il manager Malcolm McLaren al volante avevano costruito una potentissima auto da corsa, che, però, dopo le prime curve uscì di pista con uno schianto devastante. “Never Mind The Bollocks” è in pratica un disco/raccolta/testamento, raccoglie quello che i Sex Pistols volevano dire e rappresentare, sono 11 canzoni veloci, martellanti, registrate e da ascoltare al massimo volume, sono un urlo generazionale con una eco inestinguibile che ha risuonato in molti dei gruppi e delle musiche che vennero (vi dice niente il post-punk?).
O forse fu tutta una truffa? Una trovata per piazzare gadget, vestiti ed accessori che lo stesso McLaren insieme alla compagna (una certa Vivienne Westwood) vendevano nel loro negozio di Londra: SEX.

Quindi, tornando alla frase di Rotten con cui ho esordito: è stata tutta una truffa o una vera rivoluzione? Impossibile rispondere con certezza, ma di sicuro Never Mind The Bollocks è un disco che bisogna aver ascoltato e sentito scorrere nelle proprie vene se ci si definisce amanti della musica moderna.

SEX PISTOLS ““ “NEVER MIND THE BOLLOCKS, HERE’S THE SEX PISTOLS”³
Data di pubblicazione: 28 ottobre 1977
Tracce: 12
Durata: 38:44
Etichetta: Virgin
Produttore: Chris Thomas Bill Price

Tracklist:
1. Holidays in the Sun
2. Bodies
3. No Feelings
4. Liar
5. God Save the Queen
6. Problems
7. Seventeen
8. Anarchy in the U.K.
9. Submission
10. Pretty Vacant
11. New York
12. E.M.I.