Due persone si incontrano in fila ad un concerto, per andare in bagno. Uno dei due è un pianista, Tom Rogerson, con studi classici alle spalle e suona con i Three Trapped Tigers, l’altro è Brian Eno. così vuole la leggenda.
Due chiacchiere in coda prima dello spettacolo, tra l’altro vengono entrambi da Woodbrige, Suffolk e si scambiano curiosità  su nuovi softwares e amenicoli vari.
Il mastro cerimoniere dell’ambient music lo convince così, su due piedi ,a provare un nuovo dispositivo elettronico, che si chiama ‘piano bar’. Per farla semplice, questo dispositivo elabora segnali midi, direttamente dirigendo infrarossi sui tasti di un comune piano.
What else“, direbbe qualcuno e invece, no.

Dalle improvvisazioni del pianista e dalle applicazioni del nuovo apparato creato dalla Moog, nascono 13 acquerelli in salsa enoiana: senza infamia ne lode, “Finding Shore” non ha picchi ne inganni, pochi cedimenti ma niente di non sentito. La doppia negazione sta a rappresentare proprio questa anonimicità  astratta e il disco funziona perchè non assomiglia niente ai due fautori e potrebbe essere suonato tranquillamente random, se non fosse per qualche retrogusto da “cluster” poco inglese, che accompagna i colori delle foglie fuori dalle finestre per le ultime mattine di questo autunno. Finalmente sono tornate le mezze stagioni.

Credit Photo: Jind?ich Nosek (NoJin), CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons