Diversi livelli di significato accompagnano “La testa e il cuore”, il nuovo album di Filippo Gatti: dieci canzoni dalle molteplici visioni, ognuna con una sua storia, un senso proprio che la lega al tutto.

Approcciandosi a “La testa e il cuore” viene da fermarsi un attimo e cercare di capire cosa stia succedendo intorno e quanto in profondità  riesca ad arrivare il cantautore romano in poco più di mezz’ora.

Un viaggio, quello ideale di Ulisse, che acquista un valore maggiore se inserito nella società  contemporanea.

Poseidone, il re dei mari e nemico divino di Ulisse, diventa “Il re di Lampedusa” caratterizzato da cori arabeggianti: decide le sorti dei migranti che attraversando i confini su barche disperate cercando di vedere terra all’orizzonte. Argo, il fedele cane, diventa una sinfonia malinconica in chiave folk (“2 animali”). Aspetta il suo padrone per anni per poi rivederlo e lasciare il suo viso come ultima immagine prima di scomparire; non a caso è a lui che spetta l’unica lacrima di Ulisse.

In ogni canzone emerge la qualità  della scrittura di Filippo Gatti, che per questo viaggio si avvale di compagni importanti: Matteo D’Incà  e Francesco Gatti, polistrumentisti, Fabio Marchiori al piano, il violinista Steve Lunardi e Virginia Tepatti ai cori. «I compagni tremavano come bambini, non osavano guardarsi negli occhi, la pioggia pungeva la pelle, le corde stringevano i polsi e i ginocchi » (“Le sirene e le stelle”), le sirene non spaventano però i suoi musicisti: riescono a tenere a freno il canto e mantengono un profilo intimo, quasi nascosto. More is less.

“La testa e il cuore” è chiamato ad esaltare lo stile chitarristico di Filippo Gatti, molto vicino alla west coast americana, con i capofila Crosby, Stills & Nash, ma colpisce sin dal primo ascolto l’utilizzo degli strumenti percussivi, che si insinuano come in loop. All’andamento oscillatorio della chitarra, come se fosse una barca tra le onde, la sezione ritmica diventa il faro all’orizzonte, il punto fermo della sua musica. Lo stesso punto fermo che non ha mai fatto cedere Penelope, in attesa del ritorno del suo amato, e lo stesso Odisseo, che sa che i proci la “mangiano con gli occhi li sento balbettare, seduto accanto a te posso comandare” (“da soli non si può stare“), tornando saprà  come tendere l’arco e vendicare la sua assenza.

Filippo Gatti ha cercato per anni la canzone perfetta (“Amore perdonami”), ma la perfezione non esiste. “La testa e il cuore” in tutta la sua immediata semplicità  racchiude tematiche importanti e brevi testi di una profondità  destabilizzante. Non sarà  perfetto, ma è tra i migliori lavori cantautorali degli ultimi anni.