Era una bella gara quella tra Tool e A Perfect Circle. Quale tra i due gruppi di Maynard James Keenan sarebbe riuscito a pubblicare per primo un disco si chiedevano i fan, in bilico tra frustrazione preoccupazione e un’attesa ormai un po’ rassegnata. I vincitori di questo derby tutto particolare sono gli A Perfect Circle che tornano a farsi sentire quattordici anni dopo le cover di “eMOTIVe” e a ben quindici da “Thirteenth Step” (pare comunque che anche i Tool si stiano finalmente muovendo per dare un successore a “10.000 Days”). Ad accompagnare la premiata coppia Billy Howerdel Maynard James Keenan questa volta ci sono Matt McJunkins al basso, Jeff Friedl alla batteria (anche se in realtà  diversi batteristi si sono alternati in questi dodici brani) e James Iha (fresco di reunion con gli Smashing Pumpkins) alla chitarra e alle tastiere.

E sono proprio le tastiere, la batteria, insieme all’inconfondibile voce di Keenan, ad aprire “Eat The Elephant”. Sembra quasi che con quel “Just take the bite Just go all in” sussurrato a mezza voce gli A Perfect Circle vogliano scrollarsi di dosso tutti i dubbi e le incertezze di questi quattordici anni di silenzio, incanalandoli in una canzone dolente e malinconica che originariamente Billy Howerdel aveva creato per Chester Bennington dei Linkin Park (avrebbe dovuto far parte di “One More Light”). Lungi dall’essere uno scarto altrui, è un ottimo modo per capire che gli A Perfect Circle sono tornati e sono inevitabilmente diversi da quello che erano. Sempre intensi ma con un suono più strutturato, meno minaccioso e viscerale di allora.

Per la prima volta la band ha scelto di lavorare con un produttore esterno, Dave Sardy, e la sua mano si sente soprattutto in una “So Long, And Thanks For All The Fish” scoppiettante e sorprendentemente leggera, che nel testo cita Marilyn Monroe, Prince, l’attrice Florence Henderson, Muhammad Ali, Carrie Fisher e David Bowie mentre “Disillusioned” e “TalkTalk” sono le canzoni che più ricordano le origini degli A Perfect Circle: un bel crescendo melodico e pesante con due delle migliori performance vocali di Maynard James Keenan, che in questo disco dimostra una grande versatilità  merito anche dell’esperienza maturata con i Puscifer. La doppietta “The Contrarian” / “The Doomed”, più lenta e riflessiva la prima decisamente ritmata rabbiosa quasi marziale la seconda, rappresentano invece le due anime contrastanti degli A Perfect Circle, in lotta costante per emergere.

La seconda parte di “Eat The Elephant” è quella più dark e romantica. “By And Down The River” è una grintosa ballata che cresce ad ogni ascolto, “Delicious” è un bacio della buona notte al veleno in cui fanno capolino chitarra acustica e archi e Maynard James Keenan si lascia sfuggire un “Good Night Sleep Tight” da antologia. Una di quelle canzoni molto politiche che forse faranno storcere il naso ai fan storici ma potrebbero procurarne di nuovi. “DLB” è un breve intermezzo di sole tastiere che fa da apripista per la tripletta finale: “Hourglass”, piena di effetti e quasi elettronica (ha già  esordito live l”‘anno scorso) il delicatissimo crescendo di “Feathers” e gli otto minuti di “Get The Lead Out”, un pastiche art rock che chiude l’album in modo decisamente stravagante.

L’impatto emotivo di “Eat The Elephant” non è nè poteva essere paragonabile a quello avuto da “Mer de Noms” o “Thirteenth Step” anni fa ma gli A Perfect Circle dimostrano comunque di non aver smarrito la vena creativa nè quella compositiva in un disco moderno, vario e complesso. Un’onesta rappresentazione di cosa sono oggi, senza dover per forza guardare al passato.