Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità  un universo musicale sommerso. Ogni settimana vi racconteremo una band o un artista “‘nascosto’ che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)…

Nimal Agalawatte, Chrisy Hurn e Brandon Munroe vengono dall’Ontario e come dice la loro pagina Facebook, il loro sound è riconducibile a questa definizione: “introspective indie rock music“. Chitarre anni ’90, un gusto melodico ben definito e una certa malinconia di fondo che accomuna i brani, ecco il biglietto da visita dei Basement Revolver.

Il primo EP omonimo del 2016, trascinato dal singolo “Johnny” (canzone che esemplifica alla perfezione la descrizione fatta qui sopra), porta a casa un buon successo e fa salire l’interesse intorno alla band. Mentre “Family” alterna momenti fragorosi ad altri più raccolti, è “Lake, Steel, Oil” che ci sorprende con i suoi toni folk quasi eterei, prima di abbracciare distorsioni-shoegaze nel finale. Temi personali su rotture di rapporti umani sono il piatto forte dei testi.

Il secondo biglietto da visita è ancora un EP, intitolato “Agatha”, datato giugno 2017. Ancora una volta Chrisy Hurn parla di cicatrici, battaglie e lividi personali, mettendoli in musica, ma non ci nasconde nulla, neanche i suoi attacchi di panico. Il sound della band è oscuro, ipnotico e avvolgente; non alza mai i toni ritimici se non in “Bread & Wine” che ci circonda con il suo manto rumorosamente autunnale. Se dovessimo trovare un riferimento musicale direi i Manchester Orchestra. 4 brani davvero intensi.

Il 24 agosto sarà  il giorno della pubblicazione di “Heavy Eyes”, l’esordio della band, anticipato dalla magnifica “Baby”, brano in bilico tra vulnerabilità  e slanci di orgoglio incastonati in una melodia struggente, con una prova vocale di Chrisy decisamente superlativa e chitarre che dipingono trame soniche dal forte sapore dream-pop: eteree eppure magistralmente reali.