Sono ben 25 gli anni che ricorrono oggi dell’album “The Good Will Out”, il primo iconico lavoro dei ragazzi dello Yorkshire.

E’ il 1998, immaginatevi il panorama musicale come i mari e gli oceani a cavallo tra quindicesimo e sedicesimo secolo: galeoni, velieri e caravelle battenti bandiera britannica erano padroni incontrastati delle acque; una British Invasion a tutto tondo, in pochissimi anni band come Oasis, Blur, Radiohead, Suede, Pulp, Verve monopolizzavano se non il totale mercato musicale, sicuramente quello del  pop rock, alla stregua di quanto fatto  in precedenza da Beatles, Rolling Stones, Kinks e poi Who. E mentre alcune imbarcazioni scelsero poi rotte più ardite e sperimentali  stanche o appagate da quelle tradizionali  (i Radiohead  con “Kid A” e i Blur con “13” del 1999)  altre scelsero di seguire le mappe già  tracciate andando incontro a quello che sarebbe stato il declino del britpop, dovuto sia all’ammutinamento di alcuni potenziali alleati che preferirono  ruffiane carriere diplomatiche alle spedizioni di conquista (Coldplay uber alles) che a diversi tipi di progetti che seppero accattivarsi il nuovo favore del popolo (Boyband, nu-metal, hip hop, …).

Ma dietro alle imbarcazioni di punta della flotta si stavano comunque creando vascelli che, ignari del futuro che li avrebbe aspettati, sembravano avere tutte le carte in regola per affiancare i padroni del mare: erano i Travis, gli Starsailor, i Supergrass,  appunto i Coldplay. Erano anche gli Embrace.

Richard e Danny McNamara, Steve Firth, Mickey Dale e Mike Heaton  esplosero in heavy rotation tra radio e tv di tutto il  mondo  con il singolo “Come Back to What You Know”: un inno da stadio potentissimo, romantico e malinconico, una melodia semplice quanto epica, una hit clamorosa capace tutt’oggi di far venire la pelle d’oca agli amanti del genere e non solo, grazie al chorus trionfale e il supporto orchestrale. Un pezzo che sembrava scritto a quattro mani, sia nella musica che nelle liriche, da Noel Gallagher e Richard Ashcroft. Un capolavoro predestinato a diventare un’eccellenza del genere.

Nel giro di pochi giorni venne pubblicato l’album “The Good Will Out” (che, dovere di cronaca, era già  stato anticipato anche dai singoli “All You Good Good People”, “Fireworks” e “One Big Family”): chitarre elettriche Madchester e shoegaze riviste in chiave pop, uso dell’acustica, del piano e dell’orchestra,  basso e batteria ritmici e mai invadenti, armonie immediate e ritornelli catchy, ballate classiche ma ariose ed effervescenti condite da cori e riff, stesura dei testi delicata e candida quanto energica ed  emozionante, una timbrica vocale vibrante, unica e riconoscibile.  Un ricettario perfetto per ergersi a spalla strappalacrime di fianco ai rebel without a cause come i già  affermati pesi massimi del settore.

Un album maestoso e raffigurativo degli anni andati, una tappa obbligata per ogni animo nostalgico, un lavoro  che rappresenta il picco della carriera a corrente alternata di una band  che, più che per  mancanza di talento, cuore e cervello, ha subito  la (e della)  decozione di un movimento  di cui sono diventati alfieri  – purtroppo –  ormai troppo tardi.

Embrace – “The Good Will Out”
Data di pubblicazione: 8 Giugno 1998
Tracce: 14
Lunghezza: 59:05
Etichetta: Hut/Virgin/Mobetta
Produttori: Youth, Steve Osborne, Dave Creffield

Tracklist:
1. Intro
2. All You Good Good People
3. My Weakness is None of Your Business
4. Come Back To What You Know
5. One Big Family
6. Higher Sights
7. Retread
8. I Want The World
9. You’ve Got To Say Yes
10. Fireworks
11. The Last Gas
12. That’s All Changed Forever
13. Now You’re Nobody
14. The Good Will Out