– Premessa –
La recensione sarà  divisa in due, visto che si parla di due album ben distinti, quindi prendetevi un bel thè caldo (o freddo, visto il clima) e buona lettura…

Oggigiorno possiamo proprio definirci nel periodo “Post Tame Impala” e “Post King Gizzard”:  un momento musicale in cui molte band copiano (ed abusano a tratti) dei suoni, delle tematiche e del cantato di queste band, (che poi la stessa cosa la si potrebbe anche dire per un “Post Mac Demarco” e vado oltre, per il momento). La recensione odierna tocca proprio una di queste band, che bene si possono identificare in questo periodo musicale, ovvero i Psychedelic Porn Crumpets. Il 5 luglio è uscita una versione speciale delle due parti di “High Visceral”, che, per il mercato europeo, sono state unite.

“High Visceral Part 1” è il primo disco della band australiana e usciva nel 2016. La cosa che più mi ha sorpreso, prima di ascoltare l’album e di fare le solite ricerche sulla band, è quanto fossero popolari: guardando sui forum si parla principalmente di loro nella nuova scena australiana e per quanto riguarda il loro merch, beh, tutti i loro vinili sono finiti sold out. Tra me e me pensavo “Forse, effettivamente, sono davvero bravi se la gente ne parla così bene” ma non è tutto oro quello che luccica. Il lavoro non è male come album di debutto, ma non mancano le criticità . La più evidente è la somiglianza eccessiva con altre band, il che può non essere un male, ci mancherebbe, ma se la personalità  è carente e i rimandi sono troppo eccessivi la cosa non ci piace. Per fare un esempio, il secondo pezzo dell’album “Cubensis Lenses” assomiglia ad un pezzo dei vecchi Arctic Monkeys oppure “…And The Addled Abstraction of Being” assomiglia tantissimo ad un pezzo dei primi Tame Impala; potrei potrei fare un sacco di citazioni ma per adesso mi fermo qui, inutile dilungarmi, ma sappiate che in ogni brano la mente va tranquillamente ad altri gruppi e altre canzoni in modo troppo evidente.

Certo, nonostante il copia incolla compulsivo, l’album risulta comunque gradevole, un bel viaggione psych, con un brano come la Title Track, che, per me, risulta il pezzo migliore di questa prima parte di “High Visceral”. Si rimetteranno in sesto nella seconda parte? E’ quello che vediamo subito.

Scaviamo più a fondo e raggiungiamo subito “High Visceral part 2”, uscito in realtà  l’anno dopo, nel 2017, e anche qui la cosa si ripete: tutti ne parlano bene, sold out il merchandising, ma il già  sentito è fin troppo evidente. I nomi di riferimento? Beh, King Gizzard, Tame Impala e Kasabian mi viene da dire, visto che esce la loro effettiva natura, più caciarona diciamo (o più grunge come loro sostengono di essere ed, effettivamente, è anche così). L’album è molto più crudo rispetto al precedente e, secondo me, se ci fosse stata la possibilità  di unire questi due album in un disco solo, togliendo il superfluo, beh il tutto sarebbe stato una bomba a mano in piena regola, peccato che non sia andata così.

Quindi   i ragazzi australiani meritano la nostra attenzione? La mia risposta è sì, perchè, nonostante tutto, è una band che ci sembra in fase di miglioramento e alla ricerca del proprio stile: per ora mi paiono copiare fin troppo, ma la strada è lunga e possono trasformare questo difetto in un futuro pregio.

Un piccolo consiglio (che non riguarda la band) prima di lasciarci. Se volete ascoltare una band che non conoscete e di cui avete solo sentito parlare, beh, la cosa migliore è andare ad ascoltare direttamente l’album o il brano che vi interessa, senza guardare le recensioni (fatelo dopo, se proprio non potete farne a meno):   sviluppate un vostro senso critico ragazzi, perchè negli ultimi anni, sui forum e nelle pagine Facebook, è la cosa che sento sempre più mancare e questo mi preoccupa.