La prima cosa che viene in mente ascoltando “To The Sunset”, settimo album di Amanda Shires, è la famosa scena di “Thelma & Louise” in cui le due protagoniste partono all’avventura, finalmente libere. Una libertà  che Amanda Shires ha combattuto per avere in una carriera ormai più che decennale, che l’ha vista collaborare con i Texas Playboys, Devotchka, Chris Isaak, Rod Picott, Tommy Emmanuel, Justin Townes Earle, Shovels & Rope, Blackberry Smoke e John Prine oltre a contribuire in modo non certo marginale alla carriera di Jason Isbell (con cui è sposata dal 2013). Violinista, cantante (ma suona anche l’ukulele) Amanda Shires è ormai da anni una certezza nel panorama musicale a stelle e strisce, un’artista molto amata dai colleghi ma non poi così nota al grande pubblico.

“To The Sunset” è la chiusura di un percorso iniziato nel 2005 con il primo album solista, “Being Brave”. Tredici anni dopo quel coraggio evocato nel titolo è ormai una certezza e la copertina (solo quella sia ben chiaro) ricorda un altro bel disco al femminile di diverso tempo fa: “Diva” di Annie Lennox. Come la Lennox, Amanda Shires non ha paura di dire la sua e le donne che racconta sono gelose della propria autonomia. Il siparietto descritto in “Parking Lot Pirouette” ad esempio, con l’uomo di turno che trasuda sicurezza e afferma convinto: “Non farai molta strada prima di voltarti indietro” e la signora che risponde sorridendo: “Hai ragione non ho ancora finito con te” prendendo nelle sue mani il destino di quella storia nata un po’ per caso. O ancora “Break Out The Champagne” dove la fine di una love story non viene celebrata con pianti e grida di dolore ma vissuta con incredibile sollievo. Di maternità  e dei suoi mille dubbi parla invece “Charms” ed è un brano lontanissimo dai luoghi comuni con cui generalmente viene trattato questo tema.

“To The Sunset” è stato prodotto da Dave Cobb, già  a fianco della Shires nel precedente “My Piece of Land” e il sodalizio funziona anche questa volta. Ormai lontana dal classico country folk degli esordi, Amanda Shires si mette alla prova con arrangiamenti complessi: quelli di “Leave It Alone” ad esempio o nella nuova versione di “Swimmer” (che originariamente apriva “Carrying Lightning” del 2011). La voce della Shires, che è stata paragonata a Emmylou Harris e Dolly Parton, sembra sempre sul punto di rottura eppure non si spezza mai, esplorando territori sorprendentemente rock in “Eve’s Daughter” e “Take on the Dark”. Dolce e fortissima, capace di comunicare emozioni con grazia anche quando racconta storie drammatiche (il suicidio di “Wasn’t I Paying Attention”) in un disco diverso dal passato ma sempre di gran classe.