di Michele Nicoli

Gli “…And You Will Know Us By The Trail Of Dead, band di Austin (Texas), si trova in Europa per concludere un mini tour di dieci date (nell’arco di 14 giorni, 9 stati e 7 festival) e arriva, finalmente, anche sui palchi italiani, portando alle nostre orecchie il loro album di maggior successo “Source Tags & Codes”, primo uscito per una major nel 2002.

Nella splendida location del Parco Tittoni (Desio), ad assistere a questo piccolo ma unico evento siamo in pochi, troppo pochi. Complice il caldo, l’estate, le ferie, mettici pure il costo del biglietto: conto un centocinquanta di teste sotto il palco, non molte di più.

Un vero peccato.

In apertura i giovani Labradors, un terzetto che ha band come i Foo Fighters e Verdena come riferimento, ma con un approccio più “‘punk’. Piacevoli e freschi, sicuramente da seguire.

Noi pochi fedeli siamo, però, in attesa del battesimo di fuoco, fatto di slabbrate sonico/chitarristiche, batterie ossessivamente veloci e acide, ma soprattutto, quell’arroganza tutta texana che ci affascina.

Le luci si abbassano, l’introduzione che apre l’album (“Invocation” ) inizia a creare la situazione giusta, i pochi presenti si avvicinano immediatamente alle transenne. Sento chiaramente l’onda emozionale del pubblico e con con “If Was There That I Saw You”, brano che apre le danze, siamo già  tutti incendiati. Per chi conosce la band sa che è questione di attitudine e i Trail of Dead sono dei maestri a tal proposito, musicalmente sporchi, selvaggi e aggressivi con gli strumenti stessi, non si risparmiano per tutto il set.

E’ subito totale energia, è subito una bomba, è subito tutto come in ogni loro concerto, aggressivi e strafottenti e sorridenti. Inizialmente, la band è nervosa e lo si percepisce. Difficile l’aggancio con l’arpeggio a metà  del primo brano, vedo Conrad imprecare, ma come un vero capitano prende in mano la situazione facendo sì che tutti seguano lui e la sua rabbia ed è fatta! Si sono agganciati. Più noi urliamo, più loro pestano incredibilmente.

Così deve essere un concerto, quando chi suona ti guarda dritto negli occhi per ringraziarti.

I brani che compongono l’intero album scorrono velocissimi e rabbiosi. Singoli come “Another Morning Stoner”,”Homage”, “How Near How Far” “Relative Ways” e la titletrack sono tutte pietre miliari che il pubblico conosce e vuole vivere, oltre che ascoltare.

La band risponde bene, malgrado (ormai è chiaro) il concerto sia diventato una festa privata per pochi intimi eletti.

Conclusa la scaletta dell’intero l’album, eseguito in un versione più diretta, più minimal rispetto alle registrazioni originali, il quartetto sfoggia in chiusura un’incredibile “Will You Smile Again” e una manciata di vecchi classici (“Aged Dolls”, “A Perfect Teenhood”) presi da “Madonna”, virando in una suite psichedelica a chiude degnamente il concerto, con progressioni di space rock e musica progressive.

Il barocchismo che li ha sempre contraddistinti è messo da parte, per giocare tutto sull’impatto e la violenza dei corpi e dei brani. Un bella serata in un contesto meraviglioso, un’ottima band ancora perfettamente in forma e un’intesa rara, che è sempre più difficile scovare.

Credit Foto: Antje Naumann (AllSystemsRed) / CC BY-SA