Kristian Dunn al  basso ed alla chitarra, Tim Fogarty alla batteria: tutto intorno, un mondo di effettistica come ci fosse una vera band a supporto, quando invece El Ten Eleven è un duo: Dunn e Fogarty, e la loro voglia di sperimentare, osare e creare in chiave strumentale, con l’abilità  di muoversi in un perimetro sonoro che tocca sponde funk come ambient, il tutto con un fulcro marcatamente post-rock, se proprio vogliamo dare un epicentro a quello che i californiani sanno fare e mettere in musica.

“Banker’s Hill”, settimo album per il duo di Los Angeles, ne è la prova lampante: si passa dall’attacco glam, quasi Kiss, di “Three and a Half Feet High and Rising” che sfocia poi in ambientazioni confortevoli e meditative, a “Phenomenal Problems” con le sue luci stellari e un’incursione nell’elettronica e nel synth più puro (dato, peraltro, dalle pedaliere di Dunn) che pare quasi un cammeo dei Daft Punk di “Human After All”, poi sù con il volo di “You Are Enough” in cui la chitarra prende vigore fino a tessere un mantello del più argentino post-punk, ed ancora avanti tra pezzi di abilità  in paesaggi sonori ora fiabeschi ora squisitamente naturali, che alternano atmosfere distese a moti ondulatori, parabole spaziali adesso, umanamente terrene poi.

Magari non siamo sull’ordine di pesi massimi come Mogwai, Tortoise, Godspeed! You Black Emperor o  Expolosions in The Sky e la loro solennità , ma ai El Ten Eleven non mancano certo talento, estro, fantasia ed energia.

Quindi, buon ascolto e buon viaggio.