50 anni fa, il 26 ottobre 1973 usciva “Quadrophenia”, sesto album dei The Who, opera rock che narra le vicissitudini di Jimmy, un giovane dalle molteplici   personalità  che, incapace di accettare la mediocre realtà  in cui è costretto a vivere crede di trovare il significato della propria esistenza nel movimento dei Mods, per poi restarne inevitabilmente  deluso .

Il titolo dell’album fa ovviamente riferimento al termine schizofrenia, e nell’intenzione di Pete Townshend  , che firma in solitaria tutti i brani, c’era non solo la volontà  di descrivere il protagonista di questo album ma anche di citare  le diverse personalità  dei componenti della band.

Che tra gli Who la pazzia fosse una componente quasi leggendaria, lo testimoniano le loro esibizioni degli anni 60 nelle quali spesso distruggevano tutto quello che c’era sul palco, o gli ingenti danni che provocavano agli hotel che avevano la sfortuna, o forse fortuna, di ospitarli.

Nonostante le loro intemperanze,  The Who sono tra le band più grandi della storia del rock, spesso non ricordate abbastanza, formidabili in ogni singolo componente: Roger Daltrey,  frontman di grande impatto ed energia, dotato di una voce incredibilmente unica e potente, Pete Townshend chitarrista dalla tecnica teatrale e precisa ed autore delle maggior parte delle canzoni, John Entwistle che ha riscritto la storia del basso ed è stato ed è fonte d’ispirazione per ogni bassista del mondo, e per finire il mitico Keith Moon il miglior batterista di tutti i tempi, il podio se lo contende  con John Bonham dei  Led Zeppelin,  personaggio incredibile scomparso prematuramente .

The Who avevano già  firmato quella che può essere considerata la prima grande opera rock di successo, “Tommy”, capolavoro assoluto poi trasformato in un altrettanto formidabile film, diretto da Ken Russell,  pieno di star internazionali.

Rispetto a “Tommy”, “Quadrophenia” ha una dimensione decisamente più rock, una costruzione più complessa e la presenza di una costante sensazione di tragedia incombente.

Il raffronto fra le due opere è sotto certi punti di vista molto interessante, se in “Tommy” il protagonista è un bambino che a causa di uno shock emotivo perde il contatto con la realtà  diventando sordo, cieco e insensibile a qualsiasi sollecitazione, per poi ritrovarla da adulto ed essere guidato e sfruttato, in “Quadrophenia” abbiamo un percorso inverso in cui le certezze si rilevano effimere fino a far sprofondare il protagonista in una depressione paranoica irreversibile.

L’album firmato interamente da Pete Townshend è una grande opera rock che concede meno alla melodia pop per offrire una costruzione lirica unica, intensa e drammatica.

Quando l’album uscì il movimento Mod era già  finito da anni e  la narrazione sembrava voler indicare la volontà  di una netta chiusura con il passato, come a voler sottolineare che il movimento degli anni 60 non rappresentava nulla oltre a quello che era stato.

Townshend sembrava voler comunicare ai fan della prima ora degli Who  e ai suoi compagni di avventura che l’età  dell’adolescenza era finita, e che come Jimmy bisognava crescere o morire .

Se il tentativo era questo il risultato fu del tutto diverso, l’album, insieme all’ottimo film che verrà  prodotto alcuni anni dopo, con un giovane e carismatico Sting ad interpretare Ace Face, una specie di re dei Mods, consegnò il movimento alla leggenda.

Per questo lavoro scegliere i brani migliori è praticamente impossibile poichè la qualità  risulta alta in modo omogeneo , ma mi permetto di citare le mie preferite tra le quali “The Punk And The Godfather”, dove Jimmy è deluso dai suoi idoli musicali che cominciano a rivelarsi per quello che sono e non gli eroi che lui credeva,  “I’m One” e la consapevolezza di poter contare solo su se stesso, “Bell Boy” con  l’incontro con Ace Face, mitico “re” Mods, vocalmente interpretato da Keith Moon, e infine “Love, Reign O’er Me” dove simbolicamente la pioggia lava ogni dolore e l’amore traccia finalmente una  speranza .

“Quadrophenia” nella sua claustrofobica e opprimente costruzione lirica, nel suo atteggiamento tragico, nella sua ricerca di un motivo di speranza e cambiamento,   è un opera universale che può benissimo essere  riletta con soddisfazione anche oggi,   sotto certi aspetti un capolavoro unico e sicuramente uno degli episodi più riusciti nella carriera degli Who   e nella storia del rock.


Data di pubblicazione:
26 ottobre 1973
Tracce: 17
Lunghezza: 81:42
Etichetta: Epic / Virgin
Produttori: The Who

Tracklist
1. I am the Sea
2. The Real Me
3. Quadrophenia
4. Cut My Hair
5. The Punk and the Godfather
6. I’m One
7. The Dirty Jobs
8. Helpless Dancer
9. Is It in My Head
10. I’ve Had Enough
11. 5:15
12. Sea and Sand
13. Drowned
14. Bell Boy
15. Doctor Jimmy
16. The Rock
17. Love, Reign O’er Me

P.S. E’ in uscita domani venerdì 27 ottobre 2023 un nuovo libro di Antonio Bacciocchi sul disco, chiamato “Quadrophenia“, per Interno4 Edizioni.

L’autore Antonio Bacciocchi, prime mover del movimento Mod italiano e tra i maggiori esperti del fenomeno sul nostro territorio, si misura con “Quadrophenia”, disco e film di culto che hanno ispirato generazioni di fan degli Who.

Uscito il 26 ottobre del 1973 ‘Quadrophenia’, sesto album in studio degli Who, è un’opera rock che amplia le tematiche più volte espresse da Pete Townshend sul disagio adolescenziale e il traumatico passaggio alla vita adulta, espressa in questo lavoro attraverso le vicende del giovane Mod Jimmy.

“Quadrophenia” è un album magniloquente, musicalmente ricco e pomposo, in perfetto equilibrio tra il possente rock degli Who e arrangiamenti dal sapore neo-classico.

Il libro di Antonio Bacciocchi ripercorre la storia del disco, le fonti di ispirazione, la tormentata gestazione dell’opera, le difficolta produttive e di registrazione, la complessa riproduzione della musica dal vivo, l’iconica copertina e i testi, analizzati qui uno ad uno dall’autore.

Grande spazio anche al film di Frank Roddam uscito nel 1979 e ispirato al celebre disco degli Who, alla sua colonna sonora, al musical ispirato, ai tour celebrativi e alle curiosità (la similitudine non casuale con il film ‘Saturday Night Fever’). L’autore ha dedicato un intero capitolo all’impatto del disco e del film sul movimento Mod italiano.