di Fabrizio Siliquini e Antonio Paolo Zucchelli

Gaz Coombes era il frontman dei Supergrass, una band che molti di noi hanno ascoltato a lungo e amato durante l’era Britpop. Ormai da alcuni anni il musicista di Oxford ha iniziato una carriera solista, pubblicando finora ben tre album. Il più recente, “World’s Strongest Man”, è uscito lo scorso maggio e nel mese di dicembre Gaz sarebbe dovuto arrivare in Italia a presenterlo con ben quattro date. Purtroppo si è rotto una gamba e speriamo possa recuperare al più presto questi concerti. Noi di Indieforbunnies.com , prima dell’incidente, avevamo contattato al telefono Coombes per parlare del nuovo disco, delle sue date italiane e della sua carriera solista. Ecco cosa ci ha raccontato:

Ciao Gaz, come stai? Benvenuto sulle pagine di Indieforbunnies.com.
Molto bene, grazie.

Da dove mi stai rispondendo? Da Oxford?
Sì, sono a casa mia a Oxford. Mi sono preso una settimana di riposo.

Stai per ripartire per un nuovo tour?
Sì. Sono stato in giro per il Regno Unito, ora mi sono preso un piccolo break, ma non vedo l’ora di ripartire e anche di venire a suonare in Italia.

E’ la prima volta che vieni a suonare nel mio paese da quando hai iniziato la tua carriera solista?
E’ da tantissimo tempo che non vengo a suonare da voi.

Che cosa ti aspetti dal tuo tour italiano?
E’ fantastico tornare a suonare in Italia in versione solo. Sono stato in Australia e in America e ho proposto questi show da solo, quindi sarà  bello farli sentire anche a voi. E’ veramente da troppo tempo che manco (dall’Italia).

Il tuo album più recente, “World’s Strongest Man” ha tanti pregi tra cui ottimi arrangiamenti e una produzione straordinaria, che sono andati ad arricchire brani che erano già  davvero ispirati. Quanto è stata importante questa fase durante la creazione del disco?
E’ qualcosa di piuttosto allentato. Magari ci sono voluti sei o sette minuti per sviluppare un’idea e in seguito ci lavori sopra e poi magari devi riregistrarla. All’inizio è qualcosa di molto caotico. Inizio a registrare mentre scrivo. Inizia così, (la musica) si scrive da sola in un certo senso. Gli arrangiamenti poi arrivano in seguito. Mi è piaciuta molto questa parte delle registrazioni del disco, dove ogni cosa era libera e sperimentale.

Dopo gli ottimi risultati ottenuti con il tuo sophomore, “Matador”, hai alzato ulteriormente l’asticella, dimostrando come sia possibile realizzare un album molto moderno e allo stesso tempo con le caratteristiche dei grandi lavori del passato. Tra quelli che sono stati i maggiori rappresentanti del Britpop sei forse uno dei pochi che ha avuto un’evoluzione nel songwriting nella tua carriera solista: è stata un’evoluzione naturale o il frutto di una ricerca stilistica?
Deve per forza essere qualcosa di naturale. (All’inizio) non sapevo cosa aspettarmi da questa carriera solista, volevo solo fare un mio disco. Dovevo fare qualcosa di nuovo, doveva essere qualcosa di espressivo delle mie idee. Non avevo alcuna aspettativa riguardo a ciò che avrei potuto ottenere da ciò. Comunque è stato bello. Gli ultimi cinque anni sono stati probabilmente i più produttivi e creativi della mia vita in un certo senso.

“World’s Strongest Man” è pieno di brani molto interessanti: ci puoi spiegare come è avvenuta la scelta dei brani che sarebbero poi finite sul disco?
Non lavoro molto su altre idee, devono essere cose che mi convincono. Spesso questo è un lavoro piuttosto duro perchè devi essere piuttosto selettivo su cosa lavorare. Lavoro su ciò che mi piace veramente. Per esempio, quando ho trovato i riff e le parti percussive per “World’s Strongest Man”, la title-track, ho capito di aver fatto qualcosa di positivo, così ho continuato a lavorarci sopra. Ho lavorato sui ogni pezzo per un paio di giorni e poi proseguivo perchè per me erano completi. E’ stato più difficile alla fine compilare la tracklist: ho fatto fatica a dare un ordine alle canzoni di questo disco, non so perchè, ma alla fine ci sono riuscito.

Parlando appunto della title-track, “World’s Strongest Man”, parla dell’essere uomo al giorno d’oggi, con un perenne senso di inadeguatezza. Credi che l’accettazione possa essere la soluzione giusta?
Questa canzone è stata scritta dal mio punto di vista e non voglio parlare per gli altri. Non riesco a capire cosa stia succedendo intorno a me. Con questo testo ho cercato di essere onesto. Ti senti inutile e non equipaggiato, Potresti essere un essere umano più forte e ti chiedi “cosa c’è di sbagliato in me?”. Credo che i ragazzi, gli uomini giovani debbano capire che non ci sia bisogno sempre di dover arrivare al top. Devi solo essere una persona gentile, generosa, creativa e tollerante. Non dovrebbe essere molto difficile da raggiungere. Sono cose abbastanza semplici.

Grazie veramente tanto per le tue bellissime parole, Gaz. Le condivido al 1000%.
In una recente intervista hai detto che nella fase creativa lasci il tuo istinto prevalere. Considerando che il risultato finale è meticolosamente realizzato, immagino che la realizzazione finale di un brano ti possa richiedere parecchio tempo.

Per questo album mi ci sono voluti dieci mesi. Sono tutte idee che avevo disponili e che provvengono da sessioni differenti e potevo riprendere queste sessioni quando volevo, magari per aggiungere dei nuovi vocals. Sì, si sono evolute in maniera costante. Alcune canzoni le ho finite nel giro di poche settimane, per altre invece mi ci è voluto un periodo di cinque o sei mesi. Visto che tutto è stato fatto in modo distinto, poi ho registrato in maniera piuttosto veloce. E’ stato un processo divertente.

Parlando di “World’s Strongest Man”, hai detto che sei stato ispirato dal libro di Grayson Perry “The Descent Of Man”, dal disco di Frank Ocean “Blonde” e dalla band tedesca Neu!.
Mi piacciono molto i Neu! e credo che siano una grandissima band, ma non so da dove esca questa cosa.

Forse dalla press-release. (ridiamo)
Il disco di Frank Ocean è molto bello, è molto interessante ed è una parte del mondo hip-hop, che è molto diretto. Prende le cose in un modo molto sminuito. E’ veramente cool. Per quanto riguarda il libro di Grayson Perry, invece, è stata un’influenza soprattutto per il titolo del mio album.

Di che cosa parlano i testi delle tue canzoni del nuovo album?
Non volevo che fossero una burla, ma nemmeno troppo interiori o cupe. Volevo che avessero un buon gancio per cui tu le potessi ricordare. Come ti dicevo prima, cerco di descrivere quello che capita intorno a me e poi ciò che provo. Alcune volte possono essere personali.

Hai qualche ricordo dei tempi dei Supergrass che vuoi condividere con i tuoi fan italiani?
Quando siamo venuti in Italia siamo sempre stati bene, andavamo alla venue a fare il soundcheck e qualcuno ci portava sempre del cibo fantastico. Dopo il concerto andavamo fuori a divertirci. C’è sempre stata una forte scena dei club in Italia e penso che ci sia ancora. Non vedo l’ora di vedere ancora tutti voi.

Un’ultima domanda: per piacere puoi scegliere una delle tue canzoni da usare come soundtrack di questa intervista?
Che cosa ne dici di “In Waves” dall’ultimo disco?

Photo: Steve Keros