“Only Water” è il titolo dell’album di debutto di Hutch Harris, cantante/chitarrista statunitense noto principalmente per i suoi trascorsi con i Thermals. Il trio indie rock di Portland, autore di alcuni album di pregevole fattura nei primi anni 2000 (“The Body, The Blood, The Machine” e “Now We Can See” su tutti), ci ha salutato definitivamente lo scorso aprile, pubblicando un bel post di addio sulla propria pagina Facebook.

Invece di prendersi un meritato periodo di riposo, gli ex componenti della band hanno deciso subito di rimettersi all’opera con qualche realtà  diversa, alla ricerca di stimoli che probabilmente mancavano da tempo. La bassista Kathy Foster e il batterista Westin Glass hanno continuato a fare musica insieme portando avanti un loro vecchio progetto chiamato Hurry Up; Harris, da buon frontman, ha invece optato per la via solista. Via solista imboccata con molta, molta cautela: “Only Water” è un disco composto e registrato mantenendo un bassissimo profilo, senza il coinvolgimento di nomi altisonanti o etichette di prestigio.

Al momento lo si trova solo su Bandcamp e non è chiaro quando sarà  disponibile in formato fisico o su altre piattaforme di streaming musicale. Un vero peccato, perchè le dieci tracce al suo interno meritano più di un ascolto. Con “Only Water” Hutch Harris abbandona le schitarrate punk/garage che costituivano la base della ricetta del vecchio trio per mostrarsi nel suo lato più squisitamente pop e meno ruvido.

A colpire sono subito due fattori: la pressochè totale assenza di distorsioni e una sezione ritmica davvero ridotta all’osso, ai limiti del percettibile. A reggere le impalcature delle canzoni è la melodia nelle sue molteplici forme, che sia appiccicosa come una caramella (“You And Yesterday” e “No River Left”), accorata come nella miglior tradizione folk (“Anything Is Possible”, “We Will Be Alone” e “I Walked Back Home”) o spensierata come una filastrocca (“I Belong To No One”, “You Can Believe Me Now” e “I Will Try To Forget You”).

La rabbia dei Thermals è un pallido ricordo: il nuovo Hutch Harris preferisce i sussurri alle urla, gli accordi aperti ai power chords. I primi segni di un invecchiamento precoce? No, assolutamente. Semmai un interessante e godibile tentativo di reinventarsi senza abbandonare i già  battuti lidi indie rock; ancora un pizzico acerbo magari, ma decisamente godibile.