A fine ottobre i Pill sono tornati con questo nuovo album, dando seguito al loro eccitante debutto, “Convenience” (2016): chi ha avuto la fortuna di vedere la loro performance al Covo Club di Bologna un paio di anni fa in apertura ai Parquet Courts, sa quanta adrenalina i quattro ragazzi di stanza a NYC riescano a mettere nei loro live-show.

Una delle cose che più ci avevano colpito nel loro primo disco era stato il sax di Benjamin Jaffe, che sembrava sorprendentemente inserire una certa eleganza all’interno di un punk che giustamente è un genere che tende a creare confusione: poche note della opening-track, “A.I.Y.M”, con la forza della sezione ritmica che supporta le grida della frontwoman Veronica Torres, e ci ritroviamo ancora una volta quel sax impazzito e stridente che aggiunge nuove tonalità  e colori al suono dei Pill, quasi a voler descrivere una specie di giungla urbana.

Man mano che si va avanti si scopre che il loro suono è stato perfezionato ed è migliorato con il recente singolo “Fruit” che, nella sua totale follia, ha comunque un non so che di poppy.

“Sin Compromiso”, cantata in spagnolo, lingua di origine della famiglia della cantante, è (insieme alla successiva e strumentale title-track) la traccia più riflessiva, per quanto cupa, del disco: le inserzioni del sax di Jaffe aggiungono un tocco jazzy al brano.

“Midtown”, invece, sembra navigare su territori psichedelici, mentre la conclusiva “Ok” è un botta che arriva dritta in faccia, grazie soprattutto al drumming intenso di Andrew Spaulding.

“Soft Hell” è un proseguimento positivo del viaggio dei Pill e, anche se notiamo i miglioramenti, la rabbia che proviene dal sottosuolo non accenna a diminuire e nemmeno la voglia di lottare.