Beh, magari da piccolo lo hanno chiamato “Rat” perchè non aveva un bel faccino ma Jordan Cardy a soli 19 anni ha vinto il premio come miglior artista emergente (NME), l’anno successivo il suo debut album “Scum” si è arrampicato fino alla top 15 nel Regno di Sua Maestà , ha accompagno ed aperto i concerti di Liam Gallagher e, per iniziare bene l’anno, ha pubblicato il suo secondo album avvalendosi della collaborazione di uno dei suoi idoli, quel Tim Armstrong, storico pilastro dei Rancid e mostro sacro della rinascita del punk-rock a stelle e strisce. Se in “Scum” il ragazzino dell’Essex aveva sorpreso per la capacità  camaleontica nell’identificarsi in Oasis e Blur (ponendo termine alla storica rivalità …) in “Internationally Unknown” la componente punk e hip-hop prende il sopravvento, dando al disco un’impronta più “californiana”, senza dubbio grazie al sostegno dell’artista di Oackland. Ascoltando l’album, Beastie Boys e Run-D.M.C. sono le band che risalgono in superficie dal profondo pozzo dei miei ricordi, quando nell’ormai mitico Motion Unlimited di Madone il vinile di “Licensed to III” veniva adagiato sul piatto a decretere la fine della tenzone con le note di “Fight for Your Right”.

Potrebbero storcersi i nasi di chi ha apprezzato le sonorità  di “Scum” per questa virata verso l’Alt-rock ma “Don’ Hesitate’ ha un bel ritmo alla Happy Mondays o Fat Boy Slim, “Internationally Unknown” è una versione attuale di quello che furono i Transplant (altra band di Armstrong), “No Peace No Justice” vede il signor Rancid duettare con il giovane inglese. “Chip on my Shoulder” è energia pura, il punk che incontra l’hip pop, l’elettrone che si scontra con il protone. “Dad’s Crashed Car” è un classico pop punk alla Blink 182/Green Day mentre “Night Creature” è un omaggio al reggae che vede Aimee Interrupter (leader della ska-punk band The Interrupters, prodotti da Armstrong) a dare il suo contributo. L’album è stato registrato presso gli Shripec Studios di Los Angeles dopo che l’incontro tra Jordan e Tim aveva confermato la loro affinità  artistico-musicale nonostante i trent’anni di differenza. Un album che conferma le indiscusse doti di songwriter di Jordan Cardy che trova in Tim Armstrong la spalla ideale per questo suo nuovo lavoro decisamente fresco e pieno di sana ed effervescente energia.

Una critica però dobbiamo farla: l’album sembra una perfetta raccolta di brani da usare come playlist durante un party di fine corso. Manca, forse, di credibilità : l’immagine che Rat Boy da di sè stesso è quella stereotipata del ragazzino che ama lo skate e l’hip-hop. Da noi si canta “tu vuoi far l’americano“, Jordan è sulla buona strada ed è ancora molto giovane. Siamo davvero curiosi di capire dove diavolo sta andando…