di Simone Bonetti

Autentici pionieri del metal scandinavo più estremo, i finlandesi Amorphis sono di diritto tra le band che hanno caratterizzato la scena death-metal nei primi anni ’90, ottenendo poi nel proseguo degli anni degli ottimi riscontri a livello mondiale e soprattutto in patria dove ormai abitualmente scalano le prime posizioni delle classifiche di vendita sopravanzando anche le proposte più smaccatamente commerciali.

Con questi presupposti risulta davvero allettante la possibilità  di vederli dal vivo in un Live Music Club di Trezzo sull’Adda quasi sold-out, unica data italiana del loro interminabile tour mondiale iniziato lo scorso anno poco dopo l’uscita del loro ultimo full-lenght album intitolato “Queen of Time” e ben lungi dal vedere la fine dando un’occhiata alle date programmate per tutto l’anno in paesi come Russia, Brasile, Messico, Stati Uniti e Canada.

Catalogare ed etichettare la loro proposta musicale è davvero un’impresa titanica, le loro origini sono chiaramente death-metal con venature folk, col tempo sfociate in una sorta di epic-progressive-metal supportato dalla qualità  più caratterizzante in assoluto cioè l’alternanza della voce “growl” a quella “pulita”, delle quali il cantante Tomi Joutsen fa gradevolmente sfoggio con maestria unica.
Il concerto si apre con “The Bee”, autentica killer-song che rappresenta al meglio la loro essenza musicale, la dolcezza delle prime note sfocia presto in una rabbia repressa che innesca un vortice musicale virtuoso dal quale non è possibile rimanere estranei. A seguire arrivano “The Golden Elk”, autentica “cavalcata” tratta dalla loro ultima fatica e “Skyis Mine” e “Sacrifice”. La set-list alterna sapientemente tracce dell’ultimo album con pezzi più datati, ecco quindi risuonare le più recenti “Message in the Amber” e “WrongDirection” intervallate da “Silver Bride” e “Bad Blood”, seguite poi da “Daughter of Hate” e “Heart of the Giant”, preludio a “HopelessDays” ” e alla mitica “Black WinterDay” che fa sobbalzare i fan più vecchi.

Il concerto si chiude poi col doppio-bis “Death of a King” e “House of Sleep” dopo circa 1 ora e mezza di gradevolissimo massacro sonoro.

Non dev’essere stato semplice per loro estrapolare i 14 pezzi dello show potendo scegliere tra ben 12 full-lenght album, il mio personalissimo sogno di sentire dal vivo la maestosa “Majestic Beast” è ancora rimandato, magari al prossimo anno quando gli Amorphis festeggeranno il loro trentennale.

LONG LIFE TO AMORPHIS!!!