E se la next big thing dell’indie rock venisse dalla provincia di Frosinone? Nel momento in cui scrivo i Wilderness contano appena novantatrè ascoltatori mensili su Spotify, ma qualcosa mi dice che i giorni di magra per questi quattro ragazzi del basso Lazio siano vicini al termine. Perchè “I’m Not Here” non suona affatto come il secondo album di una piccola band emergente, bensì ha la qualità  e soprattutto la consistenza di un’opera realizzata da chi conosce a menadito il mestiere e ha ambizioni ben più grandi della Ciociaria.

Decisamente coraggiosa la scelta di interpretare i brani in lingua inglese: la voce del cantante/chitarrista Emanuele Tanzi regala ai brani quel pizzico di gusto british necessario per far capire che il quartetto ha voglia di varcare i confini italici ed esportare la propria musica altrove. In quest’epoca deprimente fatta di porti chiusi, sovranismo e itpop (decidete voi la peggiore tra le tre) non è cosa di poco conto.

Per quanto riguarda la musica, i riferimenti sono facilmente intuibili: si spazia dall’indie rock/revival post-punk di una decina di anni fa (in “All The Roads You See” si avverte qualche traccia degli Editors del periodo buono, quello dei primi due dischi) a momenti un po’ più aggressivi dai quali filtrano leggere eco grunge (la title track e “Weird Boys Don’t Go To Sleep”).

Sulla pagina Facebook i Wilderness citano mostri sacri del livello di Wilco, The National, Radiohead, Slowdive e The War On Drugs tra i loro numi tutelari. Credo però si siano dimenticati i punti di riferimento principali, ovvero gli U2: in quasi ogni brano si cerca di ricalcarne le orme, recuperandone i suoni (lo smodato utilizzo del delay sulle chitarre) e le atmosfere epiche, quasi da stadio. Gli undici brani suonano infatti potenti e ricchi di sfumature diverse; qua e là  troviamo sparsi semi di folk elettrico (“Haiku”, “Youth #2”), shoegaze (“For When You Run”, “Red Ocean”) e persino qualche piccola tentazione “velvetiana” (“Bon Voyage Mr. Banana” e “The Sea Is My Brother”, nella quale emerge con tutta la sua chiarezza anche il già  menzionato ascendente esercitato dalla band irlandese sul quartetto frusinate). Davvero una bella sorpresa.