Riusciranno gli Sleaford Mods a sopravvivere alla concorrenza della nuova generazione di band britanniche, armate di chitarre e cattive intenzioni? Jason Williamson e Andrew Fearn non hanno nessuna intenzione di arrendersi senza combattere. In “Eton Alive” non attaccano direttamente le nuove leve (per quello bastano i tweet al vetriolo di Williamson) e non si cimentano in dichiarazioni sul caotico momento che sta attraversando la Gran Bretagna. Cercano invece di trovare il lato comico in tutto ciò che li circonda.

Minacciosi e sarcastici fin dalle prime note di “Into The Payzone” vanno avanti tranquilli e sicuri senza dubbi nè seccature. Le basi create da Andrew Fearn sono sempre più taglienti e minimali, spesso rocciose e senza fronzoli ma anche sorprendentemente melodiche (“Negative Script” docet). La voce di Jason Williamson si arrampica su ogni nota prendendosela amabilmente con Channel 4, documentari indie, Johnny Ramone, i soliti giornali musicali, persino con Graham Coxon. Sono colpi ben assestati quelli di Williamson e vanno quasi sempre a segno, senza far veramente male.

Non è mai stato violento l’atteggiamento degli Sleaford Mods e non lo è neppure oggi. Il rischio di ripetersi è ancora una volta scongiurato e il ritmo dub di “O.B.C.T” insegue anche i più restii a lasciarsi coinvolgere. Jason Williamson cambia registro in “When You Come Up To Me”, “Firewall” e “Discourse” e gli Sleaford Mods si ritrovano tra le mani un trio di brani midtempo che potrebbero diventare dei tormentoni. Ma è solo un attimo, Williamson torna presto a scaldarsi col fuoco della rabbia di “Top It Up” e “Flipside”, “Subtraction” e “Big Burt”.

I dodici brani di questo nuovo album sembrano fatti apposta per essere suonati live, Andrew Fearn al computer e Williamson scatenato con o senza il bidone pieno di birre a fianco. Ascoltare “Eton Alive” è come camminare di notte in un vicolo buio guardandosi sempre dietro le spalle. Musica da strada e la strada non perdona. Dopo un breve flirt con la Rough Trade, gli Sleaford Mods tornano indipendenti e regalano un disco che non raggiunge i livelli di “Austerity Dogs” ma dimostra che hanno ancora qualcosa da dare e da dire.